Il robot che sembrava me, la recensione

Se si pretende dal film non la profondità tematica ma un leggero intrattenimento d’azione, Il robot che sembrava me si rivela un road movie coerente con le premesse, dal buonissimo intreccio narrativo e farcito di una comicità situazionale che, qualche sorriso, lo sa poi strappare.

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La recensione di Il robot che sembrava me, su Prime Video dal 17 luglio

Lo spunto è fantascientifico, il tono è quello della commedia: Il robot che sembrava me, co-diretto da Casper Christensen e Anthony Hines, non inizia però per niente bene e dai primi minuti dà l’aria di essere un disastro. L’ambientazione surrealistica e la premessa fantascientifica sono infatti annunciate, nella prima scena, da un governatore locale simil-trumpiano che, con un muro dietro di sé a dividere USA e Messico, annuncia che finalmente gli immigrati sono stati cacciati e che finalmente i robot hanno preso il loro posto: non devono essere pagati ed eseguono gli ordini.

Un set-up decisamente telefonato che ha tutta l’aria di essere l’inizio di un film scritto davvero male, banale e stereotipato. La presentazione del protagonista Charles (Jack Whitehall) è forse ancora peggio: le battute sono imbarazzanti, la recitazione lascia a desiderare, non si capisce dove voglia andare a parare. Tuttavia, una volta che il film ingrana, Il robot che sembrava me dà invece spazio a una storia che, per quanto banale, alterna azione e commedia con facilità e riesce anche a divertire.

L’idea infatti, per quanto semplice, non è per niente male: Charles è un figlio di papà ricco e scansafatiche che si fa sostituire (illegalmente) da un robot che va al lavoro al posto suo e che - questo è lo snodo da cui parte il film - esce al posto suo con le ragazze, mentre il vero Charles si palesa solo per farci sesso. Il suo giochetto viene messo però in crisi quando incontra Elaine (Shailene Woodley), praticamente una sua versione al femminile: lei usa gli uomini per avere regali costosi, il sesso è invece delegato al suo robot-sosia. Quando, per un errore, i loro due robot si incontrano, questi si innamorano e scappano via verso il Messico (dove i robot sono liberi) mettendo i due di fronte alla possibilità, se scoperti, di quarant’anni di carcere. La missione sarà fermarli prima che sia troppo tardi. Come da regola della commedia romantica, i due personaggi che si odiano, costretti a collaborare, scopriranno di essere molto più compatibili di quanto pensano.

La pessima costruzione della surrealtà fantascientifica, a inizio film, va quindi a scemare nel momento in cui il film si concentra su quei pochi personaggi e le loro disavventure. Certo il tema è davvero da far cascare le braccia, telefonato com’è e messo in bocca agli stessi personaggi, una cosa che suona più o meno come “noi robot saremo senza cuore, ma abbiamo imparato ad amare, mentre voi umani state buttando la vostra vita nell’apatia”. Nonostante ciò, se si pretende dal film non la profondità tematica ma un leggero intrattenimento d’azione, Il robot che sembrava me si rivela un road movie coerente con le premesse, dal buonissimo intreccio narrativo e farcito di una comicità situazionale che, qualche sorriso, lo sa poi strappare.

Siete d’accordo con la nostra recensione di Il robot che sembrava me? Scrivetelo nei commenti!

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