Il robot che sembrava me, la recensione
Se si pretende dal film non la profondità tematica ma un leggero intrattenimento d’azione, Il robot che sembrava me si rivela un road movie coerente con le premesse, dal buonissimo intreccio narrativo e farcito di una comicità situazionale che, qualche sorriso, lo sa poi strappare.
La recensione di Il robot che sembrava me, su Prime Video dal 17 luglio
Un set-up decisamente telefonato che ha tutta l’aria di essere l’inizio di un film scritto davvero male, banale e stereotipato. La presentazione del protagonista Charles (Jack Whitehall) è forse ancora peggio: le battute sono imbarazzanti, la recitazione lascia a desiderare, non si capisce dove voglia andare a parare. Tuttavia, una volta che il film ingrana, Il robot che sembrava me dà invece spazio a una storia che, per quanto banale, alterna azione e commedia con facilità e riesce anche a divertire.
La pessima costruzione della surrealtà fantascientifica, a inizio film, va quindi a scemare nel momento in cui il film si concentra su quei pochi personaggi e le loro disavventure. Certo il tema è davvero da far cascare le braccia, telefonato com’è e messo in bocca agli stessi personaggi, una cosa che suona più o meno come “noi robot saremo senza cuore, ma abbiamo imparato ad amare, mentre voi umani state buttando la vostra vita nell’apatia”. Nonostante ciò, se si pretende dal film non la profondità tematica ma un leggero intrattenimento d’azione, Il robot che sembrava me si rivela un road movie coerente con le premesse, dal buonissimo intreccio narrativo e farcito di una comicità situazionale che, qualche sorriso, lo sa poi strappare.
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