Il Rito - la recensione

Un giovane aspirante prete con molti dubbi, si ritrova a Roma coinvolto in alcuni casi di esorcismo. Una discreta prima parte, seguita da un secondo tempo che, come prevedibile, sceglie strade già battute e poco convincenti...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

Titolo The Rite
RegiaMikael Håfström
Cast
Anthony Hopkins, Colin O'Donoghue, Alice Braga, Ciarán Hinds, Toby Jones, Rutger Hauer, Marta Gastini, Maria Grazia Cucinotta
Uscita11-03-2011La scheda del film

Non si può proprio dire che i film diabolici/demoniaci girati a Roma siano stati dei trionfi. O meglio, verrebbe da pensare che il diavolo ci abbia messo lo zampino, viste le travagliate vicende produttive e distributive che hanno colpito titoli come La setta dei dannati e L'esorcista: La genesi. Ma non era per questo che ero molto scettico sul film (atteggiamento che è decisamente perfetto per Il rito).

In effetti, ho sempre molta paura degli horror paranormali, che devono dividersi tra esigenze più d'autore (e anche apprezzabili) ed effettacci (visivi e narrativi) per un pubblico di giovanissimi. Così come ormai dubito fortemente della capacità di Anthony Hopkins di scegliersi buoni film.

Magari, come mi è capitato in altre occasioni, tali aspettative negative mi portano a essere più indulgente quando la pellicola si rivela essere tutt'altro che un disastro. Peccato solo che la mia indulgenza si limiti al primo tempo (ai limiti del discreto) e non si possa estendere anche alla seconda parte (assolutamente mediocre, con punte molto fastidiose).

La cosa migliore è l'atmosfera che riesce a creare il regista all'inizio, fin dalla primissima scena, non esattamente quello che ti aspetti. Così come è interessante il protagonista, che rientra sicuramente in un lungo elenco di scettici tipici del genere, ma che almeno è costruito (e interpretato) meglio del solito.

Ma una scena sotto la pioggia è emblematica della dicotomia generale del film: idea ottima, perfetta per lo scopo che deve avere in quel momento (ma anche in tutta la pellicola), peccato che tra ralenti e fotografia pubblicitaria si rischi il ridicolo.

E anche la visione di Roma non è pessima come si poteva temere, anzi non siamo di fronte all'immagine da cartolina che spesso ci è stata mostrata per la capitale. Anche il rischio Uccelli di rovo (il titolo non dirà nulla a chi è più giovane, ma è una delle serie che hanno lanciato le televisioni di Berlusconi negli anni ottanta) viene presto sventato.

Certo, c'è sempre l'idea di fare metacinema, magari citando espressamente le situazioni che avvengono ne L'esorcista. E' un atteggiamento comune del cinema moderno, ma che non ho mai amato, perché sembra un modo di non credere alla storia che si racconta. Comunque, nonostante si giochi un po' sugli stereotipi, non si esagera con le scene di possessione. Intanto, Hopkins per buona parte della pellicola sembra stranamente assente, come se si fosse imposto di stare tranquillo (poi si capisce perché e quando 'decolla' non viene esattamente da esultare, considerando quello che deve fare per esigenze di copione alla fine).

Nella seconda parte, come si poteva temere, inizia a virare sul già visto e soprattutto su materiale poco interessante. O meglio, magari poco interessante per me, visto che il pubblico da popcorn movie vuole proprio questo. Il segnale, come talvolta capita, è nel voler proseguire con un certo atteggiamento (in questo caso, di scetticismo) del protagonista, nonostante abbia avuto prove inconfutabili che si tratta proprio di fenomeni sovrannaturali e non di disturbi psichici.

Un altro grosso problema è il desiderio di andare avanti con una tensione continua ed eccessiva, come se ogni sequenza dovesse essere per forza inquietante. Ecco, se si studiassero meglio certi capolavori di Polanski, si capirebbe che è meglio dare qualche pennellata ogni tanto, invece di proseguire senza un attimo di sosta. In tutto questo, si sprecano un po' alcuni attori, come Alice Braga (vabbeh, non è un peccato mortale) e soprattutto Ciaran Hinds (qui non ce la si può cavare con qualche Ave Maria di penitenza).

Si finisce con una scena iperestesa e una 'sorpresona' finale che era ovviamente scontata dopo dieci minuti di pellicola. Peccato però che, di fronte a questa svolta, il film non abbia il coraggio di andare fino in fondo, sarebbe stata una conclusione magari anche troppo ad effetto, ma utile per uscire dal grigiore della seconda parte.

Comunque, segnatevi le scritte sui titoli di coda. Casomai vi servisse un esorcismo, sapete dove rivolgervi...

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