Il responsabile delle risorse umane - La recensione

Un'azienda si ritrova in una situazione imbarazzante, dopo che una dipendente straniera è morta in un attentato. Il candidato israeliano all'Oscar ha momenti molto interessanti, ma non conquista completamente...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

Titolo Il responsabile delle risorse umane
RegiaEran Riklis
Cast
Mark Ivanir, Gila Almagor, Reymond Amsalem, Julian Negulesco, Guri Alfi, Rosina Kambus, Noah Silver
Uscita03-12-2010  

Come in tanti film, anche Il responsabile delle risorse umane sembra non avere una storia importante da raccontare. Per poi stupire, mostrando che effettivamente qualcosa di molto interessante c'è, anche se magari non quello che ci si potrebbe aspettare. L'incarico del responsabile delle risorse umane dell'omonimo film è apparentemente semplice, ossia quello di capire cosa è successo a una dipendente del loro panificio, morta in un attentato senza che in azienda nessuno si accorgesse del suo triste destino.

La realtà, ovviamente, è molto più complicata di quanto si possa pensare. Inizia cosi un viaggio di scoperta, non solo nei confronti della povera vittima, ma anche da parte del protagonista, che evidentemente deve riconsiderare qualche priorità nella sua vita e togliersi una certa freddezza che tanti problemi personali gli ha portato.

La prima cosa che mi viene da dire è che la pellicola sembra uno strano mix tra Ogni cosa è illuminata e la seconda parte di Little Miss Sunshine, ma forse senza avere i pregi di questi due titoli. Infatti, tranne rari casi (il carro armato!) rispetto al primo film non c'è quello spirito di follia contagiosa (manca un personaggio come quello di Alex, interpretato da Eugene Hutz), mentre rispetto alla commedia della Fox Searchlight non troviamo quel calore espresso dai personaggi ed estremamente contagioso.

In effetti, se è apprezzabile l'idea di non finire troppo sul sentimentale e retorico, nonostante l'argomento fosse molto a rischio, il problema è che non si riesce ad approfondire troppo i protagonisti. Peraltro, l'impressione è che, soprattutto nella prima parte, la narrazione risulti troppo slegata, senza un vero filo conduttore. Meglio la seconda metà, quando si vira a tratti verso toni grotteschi e surreali, anche se non troppo originali. E certe scene più interessanti, come quella all'obitorio, rappresentano l'eccezione e non la regola.

In sostanza, una pellicola con diversi meriti e un buon cast, ma che quasi mai riesce a fare un salto di qualità per andare oltre un prodotto sufficiente/discreto. Insomma, dopo il recente candidato israeliano Valzer con Bashir, un passo indietro per la cinematografia di questa nazione...

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