Il Ragazzo Che Diventerà Re, la recensione
Perfetto nella prima parte, poi sempre più noioso e sconclusionato, Il Ragazzo Che Diventerà Re aggiunge molto idealismo esplicito a Attack The Block
Almeno per tutta la prima metà il puro stile 13enne imbastito da Joe Cornish è in grandissimo spolvero. C’è il senso della grande avventura di cui nessuno sa niente, c’è l’azione molto ben diretta, mostri, creature, spade e sorprese. Ci sono due amici che abitano vicino e si vedono la sera entrando dalla finestra e che fanno piani per non essere vittime dei bulli a scuola. È tutta la seconda parte a soccombere sotto il peso dei difetti che inizialmente sembravano trascurabili.
Il Ragazzo Che Diventerà Re è un film che parte molto idealista e che racconta apertamente di un paese allo sbando, senza guida. Lo fa mostrando una carrellata di prime pagine di giornali che urlano di paura, shock e terrore, lo fa con una fotografia grigia anche per gli standard londinesi e lo fa purtroppo a parole, caricando la sua avventura di un moralismo sempre più pesante e influente, uno che verso la fine suona troppo ingombrante.
A mano a mano che i protagonisti viaggiano per le brughiere e le colline inglesi, fotografate a metà tra il servizio per la film commission e (quando serve) il ritocco digitale troppo pesante per lo stile tenuto fino a quel momento, anche il film si perde e annacqua tutto quel che di buono aveva mostrato. Diventa insomma posticcio e da puro film da tredicenni, divertente e avventuroso, Il Ragazzo Che Diventrà Re si trasforma in un telefilm di 13enni: una storia puerile che desidera inutilmente essere più di quel che è, incapace di finire davvero e di tirare le fila dei rapporti imbastiti.