Il problema dei 3 corpi (prima stagione): la recensione
Dai creatori di Game of Thrones, Il problema dei 3 corpi è un'opera ambiziosa pronta a rivoluzionare il racconto della fantascienza in tv
Dai creatori di Game of Thrones, Il problema dei 3 corpi è la serie adattamento della popolare trilogia letteraria di fantascienza di Liu Cixin, in arrivo su Netflix il 21 Marzo. Ecco la nostra recensione (senza spoiler).
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Il problema dell’adattamento impossibile
Scritto nel 2006 dall'autore cinese Liu Cixin, Il problema dei 3 corpi (3 Body Problem) è il primo romanzo della trilogia Memoria del passato della Terra, che comprende i romanzi La materia del cosmo e Nella quarta dimensione, ed è giudicata da molti un’opera "infilmabile". Similmente per anni anche le opere di George R.R. Martin sono state ritenute di difficile trasposizione, fino a che il duo autoriale D&D non ha dimostrato di essere piuttosto portato per gli adattamenti impossibili (ovviamente implicito non considerare le ultime due stagioni di GoT), modificando sapientemente il materiale originale per rendere la storia più lineare e comprensibile al grande pubblico.
Nella serie tutto parte da un evento traumatico avvenuto nel 1966 che cambia la vita di una giovane astrofisica cinese. Le sue azioni arriveranno ad intrecciarsi con alcuni eventi ambientati nella Gran Bretagna contemporanea, dove un detective sta indagando su una serie di suicidi di famosi scienziati, molti dei quali sembrano aver avuto visioni di un misterioso conto alla rovescia o sono stati trovati a giocare ad uno strano videogioco in realtà virtuale. Di una comunità scientifica ormai piombata nel caos fa parte anche un gruppo di giovani e promettenti scienziati di Oxford che si ritrovano invischiati in una cospirazione che minaccia la razza umana e che potrebbe incrinare il tessuto stesso della realtà. Come si evince dalla sola lettura della trama, siamo davanti ad una storia di fantascienza tutt’altro che banale.
3 domande in cerca di risposta
La storia de Il problema dei 3 corpi ruota attorno a diverse orbite, non a caso 3: tra mondo virtuale e reale, tra passato e presente, tra Terra e Universo, la serie si interroga su complesse questioni filosofiche e scientifiche e per farlo si divide in 3 atti legati a 3 diversi interrogativi.
Nella prima parte di stagione si fa riferimento al paradosso del fisico Enrico Fermi, secondo cui, data la vastità dell’universo, è naturale considerare l’esistenza di vita extraterrestre e da qui la domanda: se le galassie pullulano di civiltà, perché non ne siamo ancora venuti a contatto? In questo senso Il problema dei 3 corpi si delinea come una classica storia di fantascienza, se non fosse che qui la decisione di avvicinare altre forme di vita viene presa da una sola persona, intelligente ma egoista, la cui scelta decreterà di fatto il destino dell’intera umanità.
La parte centrale della storia risponde invece al quesito da cui la serie prende il nome, il celebre Problema dei tre corpi di Isaac Newton, secondo il quale è impossibile prevedere il moto futuro di tre oggetti in orbita l’uno attorno all’altro, data la presenza di troppe variabili ignote. Uscendo dall’ambito dell’astrodinamica, ciò si traduce nella naturale tendenza, non solo dell’universo ma della stessa natura umana, al caos e all’autodistruzione.
Infine Il problema dei 3 corpi costringe lo spettatore a fare i conti con l’ineluttabilità del destino del nostro pianeta, ad interrogarsi se davvero valga la pena salvarsi o essere salvati, su quanto siamo disposti a sacrificare i nostri bisogni imminenti per il bene futuro della collettività, sulla responsabilità decisionale e sul ruolo della scienza e del progresso, che possono fornire soluzioni ma essere spesso anche acceleratori naturali di catastrofi (almeno due le citazioni dirette ad Oppenheimer e alla bomba atomica).
Nel corso della serie questi 3 affascinanti nuclei narrativi non sempre si legano tra loro in un’equazione perfetta, ma ciò nonostante riescono a tenere vivo l’interesse dello spettatore: in merito alle implicazioni etiche di questioni legate a scienza, religione, libero arbitrio e collettività lo sguardo de Il problema dei 3 corpi è ambivalente e per questo stimolante ed ha il potenziale di generare rilevanti discussioni tra il pubblico.
Un corpo con poco cuore
Dovendo pensare ad un’altra serie sci-fi di Netflix che affrontava grandi temi globali, viene in mente quel gioiello che è stata Sense8, la cui bellezza risiedeva soprattutto in un elemento: il rapporto tra i personaggi. Più una serie è epica, dilatata e complessa nei temi, più è fondamentale ancorare la narrazione a dei personaggi ben scritti, con le cui vicende umane lo spettatore sia in grado di empatizzare o semplicemente che fungano da avatar emotivo per la comprensione della storia. Ne Il problema dei 3 corpi questo purtroppo non avviene.
Ci troviamo davanti ad una storia corale che vede al centro un gruppo di amici scienziati (i cinque di Oxford), diversi per carattere, background, aspirazione, carriera e approccio alla vita, le cui emozioni e relazioni non sono però mai davvero esplorate. Forse la ragione di questa poca caratterizzazione può essere spiegata dal fatto che si tratta di cinque personaggi originali della serie (a conferma che in mancanza del materiale di riferimento D&D si rivelano adattatori meno brillanti): nel libro infatti il personaggio principale è solo uno, mentre qui gli autori hanno deciso di affidare la sua storia a cinque prospettive diverse che dialogano bene tra loro solo in qualche occasione.
Il mistero che li vede coinvolti non è mai realmente condiviso e a differenza della serie delle sorelle Wachowski, qui le dinamiche comuni del gruppo non sono mai il cuore pulsante della storia, il fulcro emozionale attorno al quale costruire lo sguardo della serie, e quelli che dovrebbero essere intensi picchi emotivi sono invece restituiti dalla sceneggiatura in modo piuttosto distaccato.
Nonostante il cast variegato (che vede il ritorno di alcuni volti noti di GoT come Jonathan Pryce, Liam Cunningham e John Bradley), i personaggi principali o secondari in grado di creare un legame con lo spettatore sono pochi (uno su tutti il burbero ma amabile detective Da Shi, interpretato da Benedict Wong), e questo è un vero peccato perché le potenzialità sulla carta c’erano tutte.
La fantascienza come non l’avete mai vista in tv
Se all’interno della galassia de Il problema dei 3 corpi lo sviluppo dei personaggi è il pianeta più piccolo e remoto, la spettacolarità della messa in scena è invece quello più grande e vicino al Sole. Siamo davanti ad una serie visivamente ambiziosa, avvincente e unica nel panorama del genere: la costruzione del worldbuilding è sbalorditiva, dagli effetti VFX al production design, dai dettagli impeccabili nella ricostruzione storica delle varie epoche fino alla cura delle musiche, realizzate dal compositore Ramin Djawadi, altro nome noto ai fan della serie HBO.
Lo sforzo produttivo messo in campo da Netflix è enorme (tra i produttori esecutivi troviamo Rian Johnson, Brad Pitt e Rosamund Pike) e già questa prima stagione realizza sequenze che lasceranno sicuramente il segno nella mente degli spettatori: una in particolare, per quanto leggermente inverosimile, ha tutte le carte in regola per diventare la versione sci-fi de “Le Nozze Rosse” per la sua portata morale divisiva e per il suo carico di violenza e shock value.
Quando il virtuale svela il reale
Oltre ai fenomeni che si manifestano nel mondo reale, gran parte della narrazione de Il problema dei 3 corpi si svolge all’interno di una realtà virtuale. Grazie ad un misterioso videogioco VR, prodotto con una tecnologia avanzata mai vista sulla Terra e al quale si accede tramite un futuristico casco/visore, due personaggi del gruppo di Oxford si ritrovano catapultati in un mondo misterioso ed iperrealistico periodicamente distrutto da calamità naturali, le cui cause sarà loro compito cercare di capire e anticipare, per evitare così l’estinzione dei suoi abitanti.
Il racconto dell’esperienza videoludica è senza dubbio la porzione di storia più interessante e coinvolgente de Il problema dei 3 corpi, non solo per le incredibili sequenze visive, ma soprattutto perché si intuisce ben presto che gli indizi per risolvere il mistero che sta piegando le leggi della realtà si trovano proprio lì, in un universo apparentemente fittizio, abitato da personaggi storici talvolta comici e grotteschi e fatto di livelli da superare applicando le regole della fisica. L’azione del gaming non solo intrattiene lo spettatore, ma lo aiuta a comprendere concetti scientifici anche molto complessi per chi non è avvezzo a tali materie, dove invece nelle altre storylines si fa molta più fatica.
Tre corpi in equilibrio
Abbiamo visto che secondo la scienza l’equilibrio tra 3 corpi è impossibile da raggiungere e volendo utilizzare questa metafora per decrivere la serie, possiamo dire che i tre elementi che la compongono, storia, personaggi e messa in scena convivono in un’armonia precaria. Il problema dei 3 corpi è una serie lontana dall’essere perfetta, dove lo sbilanciamento tra le singole parti è spesso marcato, e in mancanza di coesione si tende inevitabilmente a notare maggiormente i difetti. Doctor Who insegna, la fantascienza può essere forzata e non tutto deve essere sempre esplicitato nel dettaglio (si rischierebbero così pesanti "spiegoni" didascalici): qui però si tratta di un tipo di fantascienza molto seria e cerebrale in cui il realismo è cercato sia dagli autori che dagli spettatori.
Trattandosi di una prima stagione molte spiegazioni ed approfondimenti verranno forniti più avanti, ma per essere un prologo questo primo capitolo de Il problema dei 3 corpi pone le basi per una serie di elementi che dovrebbero essere già abbastanza chiari e c’è differenza tra un mistero lasciato in sospeso rispetto ad un dettaglio fondamentale della trama spiegato poco o male.
Le incongruenze possono passare in secondo piano con una sospensione dell’incredulità che si raggiunge solo se ad essa si affianca un forte coinvolgimento emotivo che purtroppo qui non c’è. Alle scene d’impatto si susseguono spiegazioni scientifiche spesso poco credibili ed esaustive per la comprensione del funzionamento dell’universo creato, e a fronte di uno script intellettualmente ricco e di una messa in scena che stupisce ad ogni episodio, la fruizione de Il problema dei 3 corpi è spesso fredda, in cui ci si sente investiti nel futuro dell’umanità solo in linea teorica.
La scommessa di Netflix
Con la fine decretata di The Crown e quella imminente di Stranger Things, Netflix era chiaramente alla ricerca della sua nuova serie di punta, così come negli ultimi anni, dopo la fine di GoT, il pubblico ha fame di rivivere l’esperienza di un simile fenomeno: a giudicare da questa prima stagione Il problema dei 3 corpi potrebbe diventare il nuovo universo epico ed avvincente in cui immergersi, audace nei temi, visivamente creativo e soprattutto in grado di catturare un pubblico trasversale non necessariamente appassionato del genere, proprio come riuscì GoT.
È sicuramente ancora presto per dirlo dal momento che una seconda stagione non è stata ancora confermata, ma in quanto a rivoluzionare il mezzo televisivo D&D non sono certo dei novellini: saranno di nuovo loro gli artefici della rinascita di un genere storicamente per pochi? Ma soprattutto, saranno in grado di redimersi dopo la delusione ancora cocente dell’ultima stagione di Game of Thrones? Umorismo a parte, le scommesse sono aperte.
La prima stagione de Il problema dei 3 corpi sarà disponibile dal 21 marzo su Netflix. Anche voi siete impazienti di vederla? Commentate se avete un abbonamento a BadTaste+!
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Trovate tutte le notizie su Il problema dei 3 corpi nella nostra scheda.