Il Principe del Deserto - la recensione
Il film di Jean-Jacques Annaud sulla scoperta del petrolio nei paesi arabi finisce per non accontentare né lo spettatore occidentale né quello mediorientale...
Quando un film ha l’ambizione di volere raccontare, seppure romanzata, la storia della scoperta del petrolio nei paesi arabi all’inizio del XX secolo e le ripercussioni che la ricchezza dell’olio nero portò nella società musulmana, avere alle spalle, tra i produttori, il Doha Film Institute (il Qatar è un emirato di lunga data) non getta certo le premesse per farci assistere a un atto di accusa contro le storture e l’aggressività del modello capitalista.
Annaud è abile nel girare le belle scene nel deserto, il suo occhio è ancora in grado di regalare belle intuizioni (la scoperta dell’acqua è emozionante) e il racconto in definitiva scorre fluido senza annoiare come una favoletta. Peccato però che al regista francese manchi l’ambizione di un tempo: sembra che ormai scelga le sceneggiature sulla base delle location e il deserto, a suo dire, gli piace tantissimo...
Inutile, comunque, cercare di prendere appunti sulla storia araba partendo da questo film: tutto è così all’acqua di rose che si rischierebbe facilmente per prendere abbagli. Presentato al Festival di Marrakech 2011, Il Principe del Deserto (che noi abbiamo visto in sala con un pubblico in larga parte marocchino) finisce così con il non soddisfare nessuno, né l’occidentale medio che si dovrebbe accontentare di qualche scena di battaglia e di una visione molto americana della storia dei paesi mediorientali, né gli spettatori di Paesi moderatamente musulmani che, forse, meriterebbero più lucidità di analisi una volta tanto che si parla del loro passato prossimo. Peccato.