Il principe cerca figlio, la recensione

Sarebbe stato impossibile per chiunque seguire John Landis, ma Il principe cerca figlio trova una maniera per toccare un fondo di inedita profondità

Critico e giornalista cinematografico


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Il principe cerca figlio, la recensione

In fondo cosa potevamo aspettarci?
Nonostante siano stati riportati a bordo un paio di sceneggiatori del film originale (gli stessi che hanno seguito Eddie Murphy nei suoi film peggiori come Il professore matto e simili) e nonostante sia stato richiamato quasi tutto il cast originale, nessuno nemmeno il regista Craig Brewster (già prolungamento registico di Murphy in Dolemite Is My Name), ha dimostrato negli ultimi anni la voglia di faticare per fare un buon film. E il protagonista è il più pigro di tutti, incapace di passare attraverso quel processo di revisione e applicazione che gli consentiva di far ridere quando ebbe successo. Ed è lui, Eddie Murphy, in controllo di tutto.

Il risultato non è un sequel propriamente detto ma uno special televisivo a cui mancano gli applausi registrati quando entrano in scena per la prima volta gli attori del film originale, una reunion di vecchi amici che pensano basti mettere insieme i loro talenti per fare un film divertente e non sentono di essere gli unici a ridere a battute scontate.
In questa maniera Il principe cerca figlio riesce a sbagliare sistematicamente tutto. A partire dalla trama per finire con la coerenza.

Il principe cerca moglie era la storia di un ricco che va tra i poveri, questa la storia di poveri che si trovano tra i ricchi. Il primo prendeva in giro qualcosa di interessante: New York e nello specifico la vita nel Queens, le comunità afroamericane e il loro desiderio di ascesa sociale tra i bianchi frenato da radici diverse. Questo prende in giro non è ben chiaro cosa, i finti re di un finto regno africano? Qualunque cosa prenda in giro comunque lo fa con così tanto timore che non si nota.

Il principe Hakeem è diventato re ma gli serve un erede maschio, ha avuto solo figlie femmine combattive e fiere e queste non possono regnare (evidentemente non legge giornali americani), però scopre di aver avuto un figlio in un flashback ringiovanito al digitale che contiene l’unica gag divertente, l’unica che non è espressa a parole ma con l’arredo con delle sagome da omicidio. Lo preleverà per farlo sposare con la figlia del regno rivale (comandato da Wesley Snipes), ma l’amore vero si metterà di mezzo nella stessa maniera in cui il fan service si mette di mezzo alla realizzazione di questo film, occupando quasi tutto il minutaggio per rievocare e mostrare fino all’ultimo comprimario di Il principe cerca moglie, anche un elefante che compare per un secondo nelle prime scene dell’originale avrà il suo momento. Tutto, fino alla fine, senza pietà, in una estenuante passerella di volti e anche abiti ai quali applaudire.

Non stupisce che gli unici momenti decenti siano il flashback e la parte nel Queens, come non stupisce che poi vadano perduti gli spunti interessanti (“Non fare la voce bianca” verrà detto ad un certo punto al figlio illegittimo disposto a tutto per trovare lavoro, come in Sorry To Bother You). Soprattutto nessuno sembra aver capito il punto di Il principe cerca moglie: quello era un film molto audace in cui il comico più popolare del mondo aveva un ruolo interamente serio, con quasi nessuna battuta, e ad essere comico era il mondo intorno a lui (in cui c’era lui stesso ma travestito). Questo consentiva a John Landis di lavorare di dettagli, scenografie, trucco, montaggio, volti e grandi caratteristi. La comicità del contesto. Il principe cerca figlio invece sono degli attori che pensano di non avere bisogno di una sceneggiatura e una regia per essere divertenti.

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