Il Primo Natale, la recensione

Il film di Natale di quest'anno è davvero di Natale. Il Primo Natale ha un afflato cristiano, usa i viaggi nel tempo "all'italiana" e chiude con uno strano quarto atto politico

Critico e giornalista cinematografico


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IL PRIMO NATALE, DI FICARRA E PICONE: LA RECENSIONE

Come tutti sappiamo il film di viaggi nel tempo all’italiana vuole che due persone si trovino senza nessuna buona ragione in un’altra epoca. Non una persona ma due, non necessariamente amici, di certi opposti per carattere. Non ci saranno esperimenti scientifici o angeli che fanno il miracolo, non ci saranno nemmeno oggetti magici, nel passato (e mai nel futuro) ci si ritrovano punto e basta. È meglio se i due sono comici e di certo per tornare indietro al presente non dovranno fare nulla di specifico, non risolvere situazioni o mettere a posto qualcosa, dovranno aspettare la fine del film (forse).

Comincia così Il Primo Natale, con un ladro e un prete che ci vengono introdotti e poi fatti entrare in un canneto con una scusa per riuscirne in un altro luogo e un altro tempo. Sono vicino a Betlemme poco prima della nascita di Gesù. Faranno molti casini, creeranno problemi, cercheranno Maria e Giuseppe e tutto quello che possiamo immaginare. Quello che invece non potevamo immaginare è che Ficarra e Picone tentassero di confezionare un film più sofisticato della media natalizia (non vi aspettate troppo, è pur sempre una commedia italiana), con volti giusti dei comprimari e set elaborati, con diverse velleità avventurose e per molti versi anche più serio di quel che ci si possa attendere.

A scrivere c’è anche Nicola Guaglianone, che con loro aveva scritto il successo precedente, L’ora legale, e stavolta sembra di poter avvertire un po’ di più il suo tocco. L’intreccio infatti non è mosso solo dalle gag affiancate l’una all’altra come nell’80% delle nostre commedie (e nel 98% di quelle natalizie) ma c’è davvero “un’avventura” (virgolette d’obbligo) da seguire, degli eventi concatenati e forse quasi una punta di tensione narrativa. Insomma il viaggio nel tempo non è solo un pretesto ma ha una funzione e viene sfruttato. Certo sfruttato per fini anche religiosi, perché questo film non è una presa in giro della natività ma una sua celebrazione, rispettosissima, tramite le azioni di due comici.

Perché se Non ci Resta che Piangere era un film folle e anarchico, dominato da un caos insondabile, in cui nulla aveva senso e tutto accadeva slegato e senza ragioni, Il Primo Natale è un film in cui la provvidenza ha un piano per tutto e il film stesso ha un piano molto chiaro.

C’è infatti uno stranissimo e inconsueto quarto atto. Quando la storia è ormai finita, l’arco narrativo è completo e i protagonisti hanno terminato l’avventura e chiuso quel che dovevano chiudere, parte tutto un altro troncone di trama che trasporta la parabola nell’attualità, che improvvisamente aggiunge un livello di lettura, uno fortemente politico, che rende veri e cocenti per il pubblico gli insegnamenti della storia appena finita. Così dice il Vangelo, così accade oggi.

Menzione a parte per il finale totalmente surreale che unisce a forza ciò che non può essere unito: il Sud Italia, personaggi della Galilea dell’anno 0, il presente, il presepe e Let It Snow in versione swing.

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