Il petroliere (There Will Be Blood)
Inizio novecento. Un ambizioso imprenditore viaggia con il figlio in cerca di petrolio. La pellicola di Paul Thomas Anderson è ambiziosa, ma i risultati sono deludenti...
Recensione a cura di ColinMckenzie
TitoloIl petroliere (There Will Be Blood)RegiaPaul Thomas AndersonCastIniziamo dal genere. Una storia sull'America ancora vergine (almeno dal punto di vista petrolifero) che spazia in un periodo di trent'anni. Un film epico, quindi? In teoria sì, in pratica no. Per esserlo, ci sarebbe stato bisogno di un po' più di calore umano e un po' meno di freddezza e di cerebralità. La cosa curiosa, è che era molto più epica l'avventura di Dirk Diggler in Boogie Nights di questa, in primis a livello di regia. Da una parte, ci sono dei momenti leziosi e in cui il regista deve mettersi in evidenza (penso ad una carrellata su una conduttura che viene costruita, assolutamente superflua) in maniera inutile. Invece, quando si dovrebbe trattare di emozionare con un dolly o con una panoramica, Anderson sembra fin troppo contenuto (e non basta far vedere il mare all'improvviso per emozionare veramente).
Il problema maggiore, comunque, è che lo scontro tra il 'petroliere' e il predicatore non ha alcun senso logico. In realtà, sembrano fin troppo simili, perché ognuno porta dei vantaggi alla comunità, ma dentro di sé è falso. L'odio che dovrebbe pervadere tutto il film, allora, da dove nasce? Dall'ateismo di Plainview? Difficile da credere, visto che non perde tempo a rinunciare ai suoi 'principi' quando gli conviene. Dal difficile rapporto con il figlio? Impossibile, considerando che (a differenza di quanto sostiene il regista in alcune sue dichiarazioni) il predicatore non ha nulla a che fare con questi problemi. E allora, se è difficile credere a quest'odio, come ci si aspetta che lo spettatore rimanga conquistato dalla storia? In effetti, c'è troppa distanza tra protagonisti e pubblico, situazione ben rappresentata dalla scena a tre col traduttore.
E distanza c'è anche tra i due ruoli/interpreti. Daniel Day Lewis offre una prestazione magnifica (anche se chi ha parlato di "interpretazione del secolo" voleva solo farsi notare) per il 95% del film (nel finale, purtroppo, si fa prendere un po' la mano). Se anche è difficilmente un personaggio con cui ci si può identificare, almeno è imponente. Il problema è che il predicatore non è assolutamente all'altezza. Scritto malissimo, è semplicemente un imbroglione di mezza tacca, senza un minimo di spessore e forza. Peraltro, considerando che Paul Dano aveva dimostrato di cavarsela benissimo in Little Miss Sunshine, do per scontato che una certa recitazione (pessima ed eccessiva) sia dovuta soprattutto a richieste da parte del regista.
D'altronde, la sceneggiatura ha diversi problemi. La parte con il fratello di Plainview è totalmente sbagliata ed illogica per quanto riguarda il protagonista. E altri personaggi non sono sfruttati come meriterebbero (soprattutto quello di Ciaran Hinds).
Insomma, si tratta di un film che ha delle scene forti e notevoli, con immagini magnifiche al mare o nei pozzi di petrolio. E Anderson trova dei volti che non si dimenticano. Ma è ovvio che da lui ci si aspetta molto di più. Sperando che non stia facendo sua la frase di Daniel Plainview, che sostiene di "vedere il peggio di ogni persona". Anche perché, per la carriera di un realizzatore che ha solo 37 anni, sarebbe preoccupante...