Il Pentavirato: la recensione della serie
Il Pentavirato è un’assurda miniserie con echi di Austin Powers ideata, scritta, diretta e interpretata da un Mike Myers in formissima
Il Pentavirato è quello che succede quando un fu comico irriverente (solo incidentalmente omonimo di un famoso killer mascherato) finito un po’ ai margini delle scene decide che il mondo intorno a lui è impazzito e l’unico modo per salvarlo è mettersi al balcone a strillare ai quattro venti le sue prediche, le sue considerazioni, i suoi inviti, le sue preghiere e anche i suoi deliri. Fortunatamente, è anche quello che succede quando questo comico fu irriverente dimostra di avere ancora un sacco di cose da dire, di sapere come strappare una risata ma anche come e quando andare oltre il limite della decenza e della dignità in nome della comicità, e anche di amare ancora i vecchi film di James Bond.
Questo a sua volta succede quando il fu comico, che ormai possiamo certificare non più “fu” ma ancora attivo e in gran forma, capisce che non può tornare sulle scene con una serie pensata, scritta, diretta e interpretata da lui riproponendo gli stessi stilemi e le stesse faccette di vent’anni fa. Mike Myers si è rimboccato le maniche, si è aggiornato, si è fatto opinioni forti su temi caldi e attualissimi (la diversità, l’oppressione sistemica, il complottismo e il modo in cui certi attori molto influenti l’hanno utilizzato per creare una rete di disinformazione globale che serve interessi non sempre ben specificati ma sicuramente lontani da quelli del 99% della popolazione mondiale), ha individuato i bersagli su cui puntare: Il Pentavirato è la satira più esplicitamente politica mai fatta da Mike Myers, più vicina per certi versi a Don’t Look Up che ai suoi vecchi lavori. Solo per alcuni versi, però; per il resto, Il Pentavirato è 100% Mike Myers
Le origini della serie Il Pentavirato
Nasce come spin-off del suo secondo film, Mia moglie è una pazza assassina, nel quale incidentalmente il protagonista Stuart McKenzie discute con il suo miglior amico Tony Giardino di una serie di teorie cospirazioniste che la miniserie espande e trasforma in una mitologia complessa quanto quella di Austin Powers. Il Pentavirato è un’organizzazione segreta di cinque sapienti, fondata nel 1347 durante la Peste Nera e da allora dedita a migliorare e far progredire l’umanità da dietro le quinte. In altre parole, come annuncia la voce di Jeremy Irons all’inizio del primo episodio, sono un’organizzazione segreta, ma sono buoni. Sono tutti e cinque interpretati da Mike Myers, ovviamente, che come suo solito presta voce, volto, corpo (compreso un nudo frontale) e interpretazioni a una pletora di personaggi diversi; tra questi c’è anche il giornalista locale di Toronto Ken Scarborough, un uomo buono, dolce e gentile che ha come unico scopo nella vita “dare voce alla gente comune”.
Le vicende di Ken e di quelle del Pentavirato, diventato Tetravirato dopo l’omicidio del quinto membro, si intrecciano anche grazie a, tra le altre cose, la stagista di Ken (l’eccezionale Lydia West), una convention di complottisti nella quale tra le altre cose scopriamo che il Canada è a risoluzione più bassa rispetto agli Stati Uniti, un complottista convinto che il governo custodisca i sorrisi dei cani in un deposito segreto, e una serie di altri deliri che sarebbe un peccato rivelare in anticipo. Il Pentavirato è animato dalla stessa creatività folle dietro non tanto ad Austin Powers in quanto tale, ma al Dottor Male e al suo mondo criminale; che qui viene però ribaltato, e trasformato in una setta segreta ipertecnologica di super-buoni, che comprende tra i suoi membri passati e presenti Leonardo da Vinci, Galileo, Nelson Mandela e Beyoncé.
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Un mix imprevedibile che intrattiene e conquista
L’umorismo che percorre ognuno dei sei brevissimi episodi che compongono la serie è classicamente myers-iano; vale a dire un mix imprevedibile di slapstick, volgarità, battute sul cazzo e sulla cacca, citazioni pop e meno pop, momenti surreali e psichedelici, sequenze sollevate di peso da un vecchio film di spionaggio e tanta tanta musica (qui composta addirittura dagli Orbital, ma c’è anche un grande uso di pezzi pop più classici tra cui il miglior utilizzo di sempre di Bad Guy di Billie Eilish). C’è però un’insospettabile dose di cuore, sia nei piccoli momenti di fragilità dei protagonisti, sia in quelli in cui la narrazione finisce in secondo piano per lasciare il posto a Mike Myers che a cuore aperto ci spiega tutto quello che non va nel mondo di oggi. È chiaro che con Il Pentavirato Myers non voleva solo divertirsi ma anche Dirci Delle Cose: vedrete che verrà accusato di essere diventato woke e quindi venduto ai poteri forti, e dimostrerà in questo modo di avere ragione lui.
Non tutte le Cose Che Dice colpiscono allo stesso modo, e ogni tanto Il Pentavirato (penta)vira pericolosamente in territorio “old man yells at cloud”. Ma per ogni momento che potremmo definire “anche meno” ce ne sono dieci identificabili invece come “ancora! ancora!”; ci sono più idee folli e demenziali nell’arco di queste tre ore che nell’intera carriera di… ma non faremo nomi. Solo un consiglio: se amate Mike Myers correte a guardare Il Pentavirato. E se non amate lui, ma l’idea di vedere una serie che mischia citazioni di Il nome della rosa a scene in cui c’è lo yeti che fa la cacca vi intriga, datele una possibilità.