Il Nome Della Rosa 1x05 e 1x06, la recensione
La nostra recensione del terzo appuntamento con Il Nome della Rosa
È qui quindi che Il Nome Della Rosa gioca la sua partita ed è una clamorosa sconfitta. Regolarmente la storia sentimentale di Adso, che incrocia diversi personaggi esterni all’abbazia (più Salvatore, interpretato da Stefano Fresi) è separata per stile, ritmo e ambientazioni dalla trama gialla che si svolge dentro l’abbazia, quella che vede Guglielmo da Baskerville intento sia a dibattere che a risolvere il mistero.
Sono mode, stili di messa in scena che come lo zoom a schiaffo degli anni ‘60 e ‘70 si portano per un certo periodo e caratterizzano la ”modernità” di un prodotto negli anni in cui quella moda è in voga, poi quando smette di essere in voga rappresenta il contrario, è vintage. E Il Nome Della Rosa di certo non è un prodotto realmente vintage, solo vecchiotto, è una fiction in grandissimo spolvero, forse la migliore delle fiction italiane, girata con budget adeguati, attori internazionali e scritta bene. Ma non è una grande serie internazionale. Lo vediamo quando si tratta di manipolare la materia delicata: la scrittura è capace di alternare momenti estremamente sofisticati e stratificati, presi dal romanzo pari pari, e poi di semplificare altri passaggi, senza creare uno stile omogeneo.
Non serve a molto purtroppo il carisma di John Turturro, che non è mai in discussione e che ha evidentemente fatto un grandissimo lavoro (misurato, preciso, originale) su Guglielmo da Baskerville ma che non può sorreggere un intero cast non così in forma (perché Bentivoglio ha uno stile e una teatralità così diversa dagli altri e invece Herlitzka sembra così perfetto, integrato, diverso dagli altri monaci ma coerente con la loro impostazione?) e fa quel che può per animare a dovere, spesso con un minimalismo da applausi, la forza quieta ed erudita del suo protagonista.
Il Nome Della Rosa è una serie nata per essere grandissima, ne ha gli ambienti, i costumi, i toni e gli attori, ma non ne ha mai il passo, non ha mai quella ricchezza espressiva e soprattutto non ha la scrittura per la tv sufficientemente sofisticata per reggere il peso del materiale d’ispirazione. Anche nei suoi momenti migliori non è una serie che sa lavorare sulle immagini (con tutta la parsimonia con la quale la serialità lavora sul comparto visivo) ma una che pare spaventatissima dal peso intellettuale del romanzo di cui è totalmente schiava. Il Nome Della Rosa (il romanzo) è un abito di altissima sartoria e questa serie non ha il coraggio di modificarlo come serve per aggiustarlo sul proprio corpo, e finisce così per indossarlo male.