Il nemico, la recensione
Tanto ambizioso quanto fuori fuoco, Il nemico di Garth Davis delude sia come fantascienza sia come studio romantico di una coppia in crisi
La recensione di Il nemico, il nuovo film diretto da Garth Davis, in streaming su Prime dal 5 gennaio
Nonostante la premessa ricordi Blade Runner, fra replicanti e colonie extramondo, Il nemico di Garth Davis non ha le preoccupazioni del cinema di fantascienza. Questo è un problema, perchè praticamente tutto ciò che contiene di interessante riguarda la visualizzazione di un’America futura arida e post-apocalittica, con un’estetica polverosa simile a quella di Interstellar e un senso di malinconia e incertezza per il destino dell’umanità. A rendere il film frustrante, e alla lunga anche parecchio noioso, è l’impressione che tutto questo non sia altro che il pretesto per imbastire una trita allegoria sentimentale su una storia d’amore in crisi, come il pianeta inariditasi e bisognosa di rinnovamento.
Insomma va bene la stilizzazione, va bene lo struggimento onirico, ma a un certo punto si inizia ad averne abbastanza dei segreti, dei non detti, dei pianti sotto la doccia, delle corse nei campi verso edifici in fiamme – tanto Tarkovskij e Malick sono lontanissimi - e si inizia ad aver voglia di saperne di più su questi due e sul loro rapporto. Da una parte quindi abbiamo un universo fantascientifico inerte, che non parla del presente/futuro con cui pure avrebbe tanti agganci (ecoansia? Impoverimento del Midwest? Relazioni di genere?); dall’altra uno studio di coppia che non funziona perchè troppo impegnato a darsi pose da allegoria universale per ricordarsi di lanciare qualunque appiglio allo spettatore, che rimane quindi col sospetto di aver visto soprattutto uno sfoggio di tecnica e ambizioni non supportate dai fatti.