Il mondo dietro di te, la recensione
Esmail ha il coraggio di affrontare di petto quel trauma così latente, e lo fa nel modo migliore quando lo racconta con una sola immagine, precisa, chiarissima. È lì che il cinema parla davvero e intravediamo, per qualche secondo, l’abisso di una nazione.
La recensione di Il mondo dietro di te, disponibile su Netflix dall'8 dicembre
Di derivazione romanzesca (il libro omonimo di Rumaan Alam) come Rumore Bianco di De Lillo e conseguentemente il film di Noah Baumbach, Il mondo dietro di te di Sam Esmail risponde con il filosofismo più cerebrale, raccontando di un blocco delle tele-comunicazioni e di una guerra invisibile per gettare luce sull’evidente impotenza dell’individuo moderno di fronte al collasso di una società di cui è ormai inseparabile. E per quanto il film sia di per sé mal calibrato a livello narrativo, con un primo atto che sembra non detonare mai, il suo senso di angoscia è talmente limpido attraverso l’uso delle immagini che pare quasi irrinunciabile assistervi: anche solo per capire a che punto è il cinema, e come sta affrontando il passato (e il titolo del film, su questo, parla chiaro).
Da questo momento il film prende una piega inaspettata e quello che sembrava un film d’invasione alla Parasite comincia a crescere e ad espandersi sempre di più (proprio perché l’ordine di grandezza delle cose che accadono, lo è). Il complottismo che chiaramente lo anima, tuttavia, da evocativo si fa presto ripetitivo - succedono cose che sono indizi e rimangono tali - tanto che la trama, irrisolta, sembra sconnessa dal discorso. Una resistanza che rivela l’origine letteraria del soggetto, ma anche la difficoltà di Sam Esmail e rendere pienamente cinematografica l’esperienza di Il mondo dietro di te.
Di ottimo, si diceva, c’è però l’uso delle immagini. Quella di Tod Campbell è una fotografia audace e narrativa, che lavora insistentemente assieme alla regia di Esmail sull’idea che la storia sia narrata da un occhio esterno e misterioso, che osserva i personaggi da punti di vista impossibili, pedinandoli con percorsi tortuosi, deformandoli e schiacciandoli nello spazio delle cose. È in questo modo che Il mondo dietro di te ci racconta la paranoia, facendoci leggere più a fondo personaggi che per quanto poco convincenti e rivelatori, portano ognuno in sé un segno del discorso: Ethan Hawke è professore di comunicazione all’università, Julia Roberts una pubblicitaria, la figlia è fissata con le serie tv, Mahershala Ali lavora nella finanza. Sono tutte soglie che rimandano a un discorso più grande ma che è talmente ingigantito da risultare inconcludente (e l’obiettivo che il film si pone è di certo molto ambizioso).
Nonostante ciò, Esmail ha il coraggio di affrontare di petto quel trauma così latente, e lo fa nel modo migliore quando lo racconta con una sola immagine, precisa, chiarissima. È lì che il cinema parla davvero e intravediamo, per qualche secondo, l’abisso di una nazione.
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