Il Miracolo: ecco le nostre impressioni sui primi due episodi
Abbiamo visto in anteprima i due episodi iniziali di Il Miracolo, nuova serie Sky ideata, scritta e co-diretta da Niccolò Ammaniti
Senza guastare al lettore il piacere della visione rivelando in dettaglio la trama o le caratteristiche più celate dei personaggi che ne popolano il palcoscenico, possiamo anzitutto dire che sì, come sbandierato con orgoglio dai responsabili Sky durante la conferenza stampa post-proiezione, Il Miracolo non è un prodotto ascrivibile a un genere ben definito; un'ineffabilità che, per chi abbia dimestichezza con la letteratura di Niccolò Ammaniti (qui coinvolto in veste di autore, showrunner e regista), inserisce coerentemente la serie tv nel percorso artistico dello scrittore romano.
I dissidi interiori di queste implausibili figure sono sbalzati con la delicatezza di un'accettata alla cieca e rivelano contraddizioni tanto manicheiste da rasentare fin troppo spesso il ridicolo: basti pensare alla gestione del personaggio di Sandra, il cui passaggio da razionalismo scientifico a religiosità ossessiva è affidato unicamente al cambio di scena, senza il lusso di una costruzione narrativa e di un'evoluzione psicologica verosimile. Va leggermente meglio al Marcello interpretato da Ragno, il cui contrasto tra luce e ombra è al centro del colpo di scena più efficace finora mostrato nella serie, inspiegabilmente spoilerato sia in rete che nei materiali stampa ufficiali.
A prescindere dalle oscillazioni qualitative del cast, ciò che però impedisce ineluttabilmente a Il Miracolo di spiccare il volo è un difetto comune a molte produzioni, tanto nostrane quanto straniere. Vi è infatti una ridondante pretenziosità, una tendenza alla verbosità appena tollerabile nella letteratura ed estenuante in un prodotto audiovisivo con siffatti presupposti e pretese. La frammentarietà del racconto non basta a garantire alla serie il pathos a cui sembra aspirare, e dialoghi infarciti di aforismi banali affossano qualsivoglia anelito a un sofisticato realismo magico. Il tono solenne con cui le improbabili perle di saggezza vengono pronunciate cozza con la sciattezza delle situazioni in cui vengono calate, costruite spesso su una simbologia di colposa ingenuità.
Duole dirlo, ma Ammaniti sembra non aver compreso appieno la profonda divergenza tra il mezzo televisivo e quello letterario, a ulteriore conferma del fatto che non basta essere grandi scrittori per tramutarsi in discreti sceneggiatori (si veda il disastrato script di The Counselor a opera di Cormac McCarthy). Chi ha redatto questo articolo segue da sempre con entusiasmo e rinnovato piacere le creazioni dell'autore capitolino, a partire dal barocco pulp di Branchie per arrivare alle più tenui tinte di Io e te, passando per aspri e commoventi romanzi di formazione come Io non ho paura e Come Dio comanda (meritatisssimo vincitore del Premio Strega nel 2007), sempre sorretti da una sensibilità vivida e appassionante: il delicato equilibrio tra realta e surrealtà viene meno in questo esordio, che avanza incerto alla ricerca di un'impronta poetica per ora non pervenuta.
Nonostante ciò, Il Miracolo può ancora aspirare a una redenzione: non dubitiamo che, nei restanti sei episodi, la serie possa presentare spunti interessanti e, perché no, raddrizzare le storture che ne hanno fiaccato l'efficacia in questo traballante esordio. Per adesso, la nostra curiosità resta appesa al fragile filo di un cliffhanger opinabile, che conclude la seconda puntata con una pistola di Cechov tanto telefonata da assomigliare a un cannone di guerra. Affidiamo le nostre speranze alle note di Jimmy Fontana, la cui voce risuona sui titoli di testa: "La notte insegue sempre il giorno, ed il giorno verrà." Per adesso, Il Miracolo si è limitato a brancolare nel buio di una notte confusa e sconclusionata.