Il male non esiste, la recensione
Il vincitore dell'Orso d'oro al festival di Berlino del 2021 è un film dalla scrittura fenomenale a cui sa accoppiare un gran lavoro di messa in scena
Che umiliazione un film come Il male non esiste. Che umiliazione per il resto dei cineasti mettere insieme 4 segmenti separati (uniti da piccoli dettagli) che sono 4 storie diverse girate e scritte con 4 stili differenti, e ognuna di queste, se sviluppata in un lungo potrebbe essere molto migliore della maggior parte dei film che vediamo.
Al centro di queste storie di uomini comuni trasformati dal contesto e dal paese ci sono quegli incastri di scrittura particolari che abbiamo imparato a riconoscere nel cinema iraniano, intrecci che spiazzano e pongono le domande cui più è difficile rispondere. In un segmento c’è un uomo che conduce una vita ordinaria e poi scopriamo che fa un lavoro terribile, una specie di introduzione al tema. Nel secondo si cambia impostazione radicalmente e un fantastico attacco di stampo teatrale, in cui tramite il dialogo di 4-5 militari detenuti che dormono insieme capiamo il contesto e il dilemma di un uomo che dovrà eseguire una condanna a morte ma non vuole farlo, è disposto a tutto pur di non farlo, diventa un unico pianosequenza d’azione (cioè l’opposto dell’impostazione teatrale, lo specifico filmico) di grandissima tensione. Nel terzo, introdotto da un uomo che si lava in un fiume, una storia di amori e famiglie che nasconde un segreto è una maniera bellissima di mettere insieme uomini e natura come quasi mai si vede. Infine l’ultimo, il più sofisticato, riprende alcuni nodi ed è una storia di sguardi, una ragazza che viene da fuori guarda i suoi parenti iraniani e viceversa.
La vera costante è però proprio Rasoulof. In questi mondi in cui ognuno nasconde qualcosa agli altri, alle volte con tenerezza, alle volte piangendo, altre volte con una tenacia impressionante, esiste una fiducia nell’umanità che è un toccasana. Esiste una forza in questa tolleranza tale da distruggere qualsiasi retorica sulla morte (che pure ogni tanto si affaccia), una forza espressa con la stessa quiete attraverso la quale questo film viene a scuotere lo spettatore mettendolo di fronte a situazioni, racconti e atmosfere che non lo lasciano più in pace.