Il libro delle soluzioni, la recensione
Il primo lungometraggio di Michel Gondry dopo otto anni ne ripropone motivi e personaggi tipici, con uno stile meno dirompente
La nostra recensione di Il libro delle soluzioni, presentato nella sezione Quinzaine des cinéastes del Festival di Cannes 2023
Come tanti altri personaggi di Gondry, Marc è una figura eccentrica, pieno di idee stravaganti, che sembrano destinati al fallimento, totalmente inetto nella vita amorosa. Nelle tante scene divertenti di The Book of Solutions, espone e prova a concretizzare senza farsi problemi le fantasie che gli passano per la testa, trovando le reazioni sorprese di chi lo sta ascoltando, molto più razionale. Ma è anche una figura egocentrica e a volte insopportabile, che compila un libro di soluzioni che non fanno altro che contraddirsi tra loro. Uno che proclama la necessità di essere libero dall'inferenza del produttore, di realizzare liberamente la propria arte, apparendo però senza una visione precisa, incapace di portare a termine il progetto. Le poche immagini del suo film che vediamo sembrano irricevibili e sconclusionate, proprio come gli rinfacciano i suoi colleghi.
Queste comprendono rigirare alcune scene del suo film in campagna utilizzando la zia e i suoi attrezzi da giardino, scrivere il piano di lavorazione su una lavagna, inventare una sala di montaggio su un camion dove i suoi comandi servono a lavorare sul girato (suonare il clacson per tagliare una scena!). L' essere fuori dal mondo del personaggio (in cui non è difficile vederci un alter ego di Gondry stesso) diventa così espressione di una presa di posizione molto forte nei confronti dell'industria cinematografica, una difesa di una modalità di creare e lavorare che oggi sembra desueta, ma in cui il suo autore crede ancora.
Così, il primo lungometraggio di Gondry a otto anni dal precedente è anche un'opera che riflette in maniera decisa su cinema stesso del suo autore. Gli intermezzi animati (ad opera dello stesso Marc) raccontano nuovamente di qualcuno alle prese con un’impresa impossibile. Lo stesso film del protagonista ha elementi di assurdità gondriani che in The Book of Solutions sono completamenti assenti, se non con qualche breve accenno nella parte finale. Quasi come a voler racchiudere nel lavoro di Marc tutto un immaginario per mancare il distacco con quello che vediamo nel film vero e proprio. Un'opera dove, seppur ritrovando temi e personaggi ricorrenti, lo stesso stile del regista si fa meno dirompente, lontano dall'irrisolto guazzabuglio di invenzioni visive di Mood Indigo, e assumendo verso la conclusione addirittura i tratti di una solare commedia romantica, in cui (quasi) tutto questa volta sembra reale.