Il grinta - la recensione

Una ragazza vuole vendicare la morte del padre e assolda un cacciatore di taglie per trovare il suo assassino. Fratelli Coen, Jeff Bridges, il western e la fotografia di Roger Deakins: anche con qualche lungaggine di troppo, un film molto affascinante...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

Titolo Il grinta
RegiaJoel ed Ethan Coen
Cast
Hailee Steinfeld, Jeff Bridges, Matt Damon, Josh Brolin, Barry Pepper, Dakin Matthews    
Uscita18-02-2011La scheda del film

Se c'è una cosa bella del cinema americano e del suo pubblico, è che non si presta a facili schematismi. Mentre da noi la sfida di Natale è tra titoli per lo più mediocri, oltreoceano banchettano allegramente con Black Swan, The Figher, Il Discorso del Re e, appunto, Il grinta. Che di tutti i successi commerciali degli ultimi tempi, forse è il più sorprendente. In effetti, se qualcuno mi avesse detto che una pellicola del genere avrebbe superato facilmente i 100 milioni di dollari (cosa che farà questa settimana, peraltro in attesa delle spinta che forniranno i vari premi) non ci avrei creduto.

Ed è in questa anomalia il maggior fascino de Il Grinta. Che non sembra avere nulla del classico film commerciale, eppure lo è. Ed è forse questo stranissimo equilibrio tra dei registi eccentrici come i Coen e il genere hollywoodiano per antonomasia, così come tra un racconto squisitamente classico ma infarcito di elementi bizzarri, che la rende la pellicola più convincente dei Coen degli ultimi anni. Magari, non ci saranno dei momenti geniali come in Non è un paese per vecchi e A Serious Man, ma questo film sembra molto più compatto dei due menzionati.

L'inizio spiega bene quello che ci dobbiamo aspettare. La storia è quella classica, decisamente archetipica: il desiderio di vendetta; il passaggio da un'età all'altra attraverso prove difficili; il rapporto tra un mentore e il suo pupillo (pupilla, in questo caso); la rivalità tra pistoleri. Argomenti che potrebbero essere usciti da Sentieri selvaggi o da Il fiume rosso (senza contare, ovviamente, la pellicola originale), ma che non sono certo prerogativa del solo western. E che i Coen rendono tipicamente personali, tanto che a un certo punto sembra quasi che la missione da compiere sia meno importante del piacere di raccontarla.

Per esempio, chi altri avrebbe osato lanciare il film con una premessa lunga ma necessaria e, soprattutto, maledettamente affascinante? O magari mostrarci una trattativa che sembra inutile, quando in realtà risulta una riflessione sul costo (letterale) di una vita? O riuscire a mostrare personaggi fallaci, ma comunque fortissimi, senza revisionismi espliciti come ne Gli spietati? Senza dimenticare (e come faremmo altrimenti?) delle esplosioni di violenza inaudite, con tocchi di grand guignol tipicamente Coen.

Anima della pellicola, nonostante un cast fantastico, Hailee Steinfeld, che incredibilmente è al suo esordio sul grande schermo, ma mostra l'energia e la sicurezza tipiche di una veterana, tanto che rischia seriamente di ritrovarsi tra le candidate all'Oscar. In effetti, è sorprendente vederla dominare la scena per almeno mezz'ora, in cui è presente in quasi tutte le sequenze e ci regala una piccola eroina che fa il paio con la Jennifer Lawrence di Winter's Bone, altra grande rivelazione dell'anno. Peccato solo che nella parte centrale del film venga relegata al ruolo di spalla, ma è comprensibile.

E non si può certo evitare di parlare di Jeff Bridges, che certo non si lascia intimidire dal confronto con John Wayne, ma riesce a costruire bene un personaggio che avrebbe potuto facilmente scivolare nella macchietta. C'era, in effetti, il rischio di cadere nel ritratto bizzarro ed eccessivo di quest'uomo disincantato, ma al posto di un'interpretazione eccessiva, abbiamo una costruzione lenta e precisa, arricchita a tratti da momenti strepitosi (come quando prende a calci dei ragazzini). Insomma, il modello Coen (seguire le orme di un classico lasciando la propria impronta) si conferma anche in questo aspetto. Inoltre, quando hai dei comprimari (si fa per dire) come Matt Damon, Josh Brolin e Barry Pepper, forse è il caso di parlare di cast dell'anno.

E poi, quando verso la fine del film assistiamo a una cavalcata meravigliosa nella notte, è inevitabile pensare a quanto sia bravo Roger Deakins, direttore della fotografia che da troppo tempo aspetta un Oscar dovuto (e magari questa potrebbe essere la volta buona). Forse, avrebbe giovato tagliare qualcosina (più che scene intere, renderle un po' più corte) e magari non tutta la carne al fuoco è cotta al meglio. Ma, anche così, un prodotto notevole e avvincente. E un successone strameritato...

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