Il Grande Splash, la recensione

Carlo Alberto Montori nasce a Bologna all'età di 0 anni. Da allora si nutre di storie: lettore, spettatore, ascoltatore, attore, regista, scrittore.


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Il Grande Splash è la terza saga realizzata da Silvia Ziche, pubblicata per la prima volta nel 1999 in 14 puntate su "Topolino". Da allora non era mai stata raccolta, ma ora questo volume Panini colma la lacuna, proponendola assieme ad altre storie disegnate dalla fumettista veneta e andando così a posizionarsi idealmente sullo scaffale assieme a "Papernovela/Topokolossal" e al "Disney d'Autore" a lei dedicato.

Il Grande Splash è una storia strana. Ha una struttura particolare e in certi passaggi supera ampiamente il livello di nonsense delle altre storie Disney zichiane, ma ciò non è per forza un fattore negativo.
Il protagonista della storia è il Grande Splash, un misterioso personaggio che sparisce dopo poche pagine, non lasciando alcun indizio sulla sua identità. In concomitanza con la sua comparsa/scomparsa, Zio Paperone trova il suo deposito completamente svuotato e al suo fianco è spuntata una sequoia obesa a crescita istantanea. Il miliardario convocai due detective Lawrence Law e Randy Random per indagare sul fatto, i quali interrogano tutti i presenti sul luogo per cercare di scoprire chi sia il Grande Splash e ricostruire l'accaduto.
Comincia così una detective story sul generis dove ogni personaggio racconta la sua versione degli eventi, in un Kagemusha paperopolesco dai toni demenziali. Anche se la storia ha finalità prevalentemente umoristiche, è permeata con finezze narrative che dimostrano l'abilità dell'autrice: ogni racconto infatti appartiene a un diverso genere narrativo, presentando situazioni che spaziano dai paradossi temporali agli scienziati pazzi, dagli gnomi magici a giganteschi dinosauri robot. Inoltre le singole versioni dei fatti non sono solo episodi surreali creati per spiazzare il lettore esagerando, ma rivelano e approfondiscono il carattere del personaggio che le sta raccontando, adattandosi alla sua caratterizzazione e fornendo qualche pennellata che va ben al di là dello stereotipo.
L'elemento migliore di tutta la saga probabilmente è la risoluzione finale, dove si riescono a giustificare i vari tasselli di una storia che sembrava voler essere un semplice delirio, evocando addirittura decenni di storie disneyane e riuscendo a sfruttare elementi che sono sempre stati sotto il naso del lettore.

La seconda metà del volume Panini propone altri fumetti che la Ziche ha disegnato su sceneggiature di altri autori. Anche nelle storie Disney dove la Ziche non figura come autrice completa, si può notare un elemento ricorrente: l'umorismo surreale che spesso ribalta i luoghi comuni e gli elementi ricorrenti di ogni personaggio. E' evidente quanto lo stile della disegnatrice ben si adatti a questo tipo di umorismo, con espressioni esasperate e vignette buffe anche se prive di dialoghi.
Sono presenti anche alcune storie che risalgono a una ventina d'anni fa, che permettono di osservare quanto allora il tratto della Ziche fosse più vicino ai canoni Disneyani e non osasse spingersi oltre, con gli occhi a puntino e gli occhi sgranati propri del suo stile.
Purtroppo più si prosegue nella lettura e meno le storie sono interessanti, concludendo con un episodio scritto da Victoria Cabello che si limita a giocare su MTV riproponendone i VJ e i programmi in salsa paperesca, per una delle famigerate "storie VIP" che gli appassionati di vecchia data malsopportano perché puntano ad attirare un pubblico più ampio, spesso a discapito della qualità.

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