Il Grande Diabolik 1: La maschera e il volto, la recensione
Il Grande Diabolik 1: La maschera e il volto è un fumetto imperdibile per tutti i fan del Re del Terrore
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
Su suggerimento di Eva Kant, decide di andare a curiosare a una mostra ospitata dal Museo di Arte Moderna della sua Clerville. Solitamente, la coppia di ladri non è interessata a questo genere di oggetti, a meno che non si tratti di qualcosa di straordinario, e la visita si rivela infatti poco interessante; almeno finché il Nostro si ritrova sbalordito davanti a un busto, le cui fattezze originali riconosce subito essere quelle del padre-padrone King.
La maschera e il volto racconta di uno dei primi episodi in cui l'antieroe delle sorelle Giussani, messo alla prova, dimostra le sue formidabili doti confermando la fiducia riposta in lui dal suo mentore. Tuttavia, nel soggetto - realizzato come sempre con grande maestria da Mario Gomboli, coadiuvato da Tito Faraci, responsabile anche della sceneggiatura - emerge il risvolto più umano di Diabolik, che non si esprime solo nell'amore incondizionato che lo lega a Eva, o nel rispetto nutrito nei confronti del nemico giurato, l'ispettore Ginko. Ritorna infatti quella sorta di istinto di protezione nei confronti dei più deboli, che i lettori hanno imparato a conoscere e ad apprezzare nel corso degli anni e che risulta ogni volta toccante, in quanto contrapposto alla spietata ferocia verso chiunque osi sbarrargli la strada. Questo elemento quasi romantico del personaggio è ben illustrato nel prologo e nell'epilogo della storia, grazie alla freschezza e all'incisività del tratto di Giuseppe Di Bernardo.