Il giorno sbagliato, la recensione

Prima molto sofisticato nelle sue scelte, Il giorno sbagliato è quasi più apprezzabile quando peggiora di colpo diventa il tipo di film che non pensavamo ci potesse mancare

Critico e giornalista cinematografico


Condividi

Il giorno sbagliato, la recensione

Non è niente male la maniera in cui inizialmente Il giorno sbagliato cerca di farci capire tutto dei personaggi dal confronto tra le loro auto. Certo in realtà c’è una intro in cui Russell Crowe, sia villain che di fatto protagonista, è mostrato mentre maltratta, malmena e distrugge, ma è un dettaglio su cui si può passare sopra volentieri (poi ci arriviamo al perché). Il SUV nero e impersonale, malvagio e massiccio, accanto alla station wagon normale, anche un po’ vecchia (“Mamma quand’è che cambiamo macchina anche noi?” chiede il figlio introducendo la questione e prendendo spunto dalla macchina dei vicini, facendocela notare perché dopo ci servirà).
Come in Duel di Spielberg le macchine sono i veri personaggi, una è un mostro nero di violenza, l’altra è una ordinary woman, un po’ malandata dalla crisi economica (come la sua proprietaria che lotta per non perdere il lavoro).

Le auto si scontrano prima delle persone, la macchina ordinaria con dentro una mamma che porta il figlio a scuola, è dietro a quella mostruosa e noncurante del confronto le suona il clacson insistentemente, perché nonostante sia mattina è già una giornataccia e ci mancava quello che nonostante il semaforo sia verde non si muove. Non sa che dentro c’è un uomo arrivato al limite della sopportazione, un disperato pronto a tutto per sfogare una rabbia che viene da mille problemi che gli hanno distrutto l’esistenza. È una miccia e lei l’ha accesa e puntata contro se stessa.

Non è solo buona l’idea di cominciare questo B movie con star da serie A dai mezzi, è buona anche quella di usare in questa maniera Russell Crowe, di prendere il suo fisicone grande e sovrappeso, unito al suo faccione rubicondo e dargli il tipo di parte che solitamente è affidata a fisici ossuti e spietati. È il perfetto americano medio socievole e alla mano. Solo che i suoi più di 100 chili di grasso sono tutti interessati ad uccidere.

Michael Douglas in Un giorno di ordinaria follia faceva più o meno lo stesso percorso ma dal lato dei buoni, era la scheggia impazzita che riusciva a vedere le contraddizioni della società moderna, Russell Crowe è tutto un altro prodotto. Non ha mai ragione, né delle ragioni, è il mostro che chiunque può trovarsi accanto. Che poi è la differenza tra Il giorno sbagliato e l’altra giornata, quella di ordinaria follia: nonostante anche questo film abbia un feeling anni ‘90, perché come molti dei film di quell’epoca racconta in una giornata cosa si celi sotto una società presentabile, in realtà molto più interessato al dispositivo di suspense, ai jumpscare e alla tensione, che al commento sociale.

La vera sorpresa però arriva quando Il giorno sbagliato peggiora, diventa molto più grossolano e si trasforma nel genere di film di cui nessuno ha mai pensato che avrebbe sentito la mancanza.
Il primo a mollare il colpo è proprio Russell Crowe che passa dal confine tra minaccia e tensione alla macchietta totale, si rifugia nelle faccette da matto e perde ogni potere sul pubblico. Un montaggio che affianca sue espressioni sempre uguali poi non lo aiuta.
Tuttavia Il giorno sbagliato va così a fondo nella spettacolarizzazione da due soldi di quella che era iniziata come una buona trama di tensione da diventare a suo modo apprezzabile.

È a questo punto che si comincia a passare volentieri sopra i suoi difetti, di fronte alla mancanza di ogni limite riguardo quel che il film è pronto a fare per esasperare l’effetto e l’azione in ogni scena. Quando dismette ogni parvenza di serie A e smaccatamente diventa la serie B (anni ’90) più sfacciata, più interessata solo a soddisfare gli istinti più bassi del pubblico, è indubbio che abbia il suo modo di farsi voler bene.

Continua a leggere su BadTaste