Il Gatto con gli Stivali, la recensione
Una boccata d'aria fresca del deserto in una serie che da tempo cominciava ad essere stantia e ripetitiva. Torna il grande eroismo dell'avventura favolistica classica...
Se c'era una componente della saga di Shrek venuta velocemente a noia era il continuo e insistito citazionismo. Per sua natura le avventure di Shrek si reggono su un equilibrio derivativo, inglobando personaggi dalle favole e rielaborandoli in chiave moderna e pop, levato questo gli mancherebbe il suo specifico, tanto che l'ultimo episodio (il quarto), che premeva poco sul favolismo parodistico, era decisamente il più fiacco. Il problema è che anche quando il citazionismo è sfruttato, questo stanca in fretta, ripetendo la medesima modalità comica con poche possibili variazioni. Insomma quello di Shrek è un meccanismo vincente ma dal respiro corto.
Con pochi personaggi del mondo delle favole (Jack & Jill, praticamente ignoti da noi, e Humpty Dumpty oltre al fagiolo magico), pochissimi riferimenti all'attualità o canzoni rock, questo nuovo film batte tutto un altro percorso, per certi versi più canonico, utilizzando situazioni e protagonisti delle favole come se non appartenessero ad esse, come fossero personaggi appena creati.
Con ottimo ritmo (nonostante qualche lungaggine di trama) e molte idee comiche interessanti, Il gatto con gli stivali riesce ad asciugare il linguaggio e la fluidità dei meccanismi ormai arrugginiti di Shrek, riportando una ventata di semplicità e individualismo in quella che rischiava di essere una serie schiacciata da una coralità coatta. Tanto che addirittura anche Antonio Banderas sembra quello dei tempi migliori: felice, appassionato e pieno di voglia di fare.