Il filo invisibile, la recensione
Commedia che non riesce a fare commedia, Il filo invisibile sembra disinteressarsi di ogni possibile spunto e puntare alla medietà
In Il filo invisibile Francesco Scianna interpreta un ristoratore, come lo ha interpretato da poco anche in A casa tutti bene - La serie, solo che questa volta non è un uomo con due mogli ma un omosessuale con un amante oltre al proprio marito. Ancora una volta ci sono dei figli presi nel mezzo dei problemi coniugali. Il paragone è curioso non solo perché le due produzioni escono a relativamente poco tempo di distanza ma perché, al pari di quel che avviene con l’altra metà della coppia (Filippo Timi), c’è una disparità fortissima di impatto nella recitazione. Tutto Il filo invisibile è un film in cui le interpretazioni sono poco curate, uno capace di levare forza e interesse anche a quella calamita per lo sguardo che è Filippo Timi, ma il caso di Scianna è il più eclatante, proprio perché preso in una parte paragonabile a quella che ha nella serie di Muccino.
Tutto dovrebbe essere letto tramite la lente del documentario girato dal figlio, cosa della quale il film si ricorda a fasi alterne, senza renderla mai davvero una cornice o una reale lettura dei fatti (in pratica a nessuno interessa il fatto che potremmo vedere quel che accade tramite gli occhi e il montaggio di uno dei personaggi e si preferisce la narrazione classica), soprattutto tutto dovrebbe essere in forma di commedia, per quanto leggera, altra componente di cui il film si ricorda a fasi alterne e con risultati disastrosi.