Il convegno, la recensione

Un gruppo di impiegati con mentalità aziendale in ritiro per un convegno subiscono la visita di un killer espressione del riscatto popolare

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Il convegno, disponibile su Netflix dal 13 ottobre

Se The Office o Parks and Recreation avessero un film spin-off pieno di sangue, con un killer che ammazza tutti, questo film sarebbe Il convegno. La maniera in cui i personaggi, impiegati di una società che deve costruire un centro commerciale in un paese di campagna, sono disegnati è esattamente quel tipo di carattere impiegatizio/incompente/mediocre/pusillanime che quelle due serie hanno raccontato. L’assurdo e lo scemo fusi con i doveri da ufficio, il terrore di perdere il posto e la pigrizia. Invece che riderne soltanto Il convegno li ammazza, ammazza loro (o meglio: molti di loro) per ammazzare la cultura dominante a cui sono soggetti, la mentalità e in una parola l’ideale a cui rispondono.

Il metaforone c’è, è molto chiaro e Il convegno non ci tiene a tenere quel secondo livello di lettura granchè sommerso. A un certo punto durante questo ritiro aziendale in preparazione dell’inizio dei lavori, una figura mascherata (indossa il testone della mascotte del futuro centro) inizia a fare fuori tutti. Così la prima parte che ha imbastito i rapporti tra le persone, cioè chi sta pianificando di andare in un’altra compagnia, chi ha truffato i contadini, chi è pavido, chi vorrebbe saperne di più e chi è praticamente un plagiato dei superiori, mentre invece la seconda parte è il racconto di come uno a uno vengono massacrati. Abbastanza semplice e diretto. Il film ci insegna a odiare queste persone e la maniera in cui passano sopra a qualsiasi buona norma non tanto per il profitto altrui (cioè della società per cui lavorano) quanto per figurare bene di fronte ai superiori, e poi le uccide. Con efferatezza.

Non c’è molto di più in questo film se non il livello minimo di anticapitalismo moderno nella consueta forma cinematografica di Netflix. Anche la color correction verso i toni lividi è sempre la stessa. Tutto quello che gli horror, slasher inclusi, hanno cambiato in questi anni diventa in questo film qualcosa di molto superficiale, una tirata facile in cui l’identità del killer è un’identità collettiva, è la manifestazione dello spirito non solo locale ma di un’altra idea politica. Il convegno è un film fatto per soddisfare e non per impegnare e per questo forse era lecito chiedergli un po’ più di senso del divertimento. Ha un suo umorismo, come ha un suo senso del grottesco, ma tutto così all’acqua di rose da non fare davvero nemmeno della satira.

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