Il Colpo del Cane, la recensione

Concepito con un trucco ad incastro come fosse un film degli anni '90, Il Colpo Del Cane fa bene il suo lavoro

Critico e giornalista cinematografico


Condividi
C’è una forte aria anni ‘90 in Il Colpo Del Cane. Non nei costumi o nell’ambientazione ma nell’incastro narrativo. Storia divisa in due parti e mescolata, ce ne viene mostrata prima la seconda parte (dal punto di vista dei due personaggi femminili) e poi la prima parte (dal punto di vista di quello maschile), che chiude con un finale ad effetto da “strane storie”. È una trama ad incastro che seguendo i personaggi inverte le priorità creando così la tensione narrativa verso la scoperta di cosa sia successo e il conseguente effetto sorpresa che la trama, esposta linearmente, non avrebbe riservato.

Questo genere di decostruzioni era tipica del post-Pulp Fiction e del resto il mondo in cui si muove il film ha quel tipo di squallore truffaldino, poverello e marginale che unisce il primo mondo tarantiniano con l’esigenza della periferia del cinema italiano.

Ci si muovono dentro Daphne Scoccia, Silvia D’Amico (sempre di più l’attrice promettente di questo momento del cinema italiano) ed Edoardo Pesce in un triangolo con al centro un cagnolino. Le prime due sono dogsitter, il terzo un veterinario che vorrebbe quel cane per un accoppiamento, cosa per la quale è disposto a pagarle. Un po’ di denaro in più non fa mai male e le due accettano. Da lì partono gli eventi.

Il punto di Il Colpo Del Cane però non è tanto quello di narrare di un “colpo”, non è un film di truffe o uno davvero criminale, più uno che sembra mettere i personaggi in un intreccio di equivoci e finzioni, come pretesto per raccontare il mondo in cui vivono, le case che abitano, le difficoltà che hanno, l’umanità che popola le loro vite.

Egual parte del film è dedicata all’azione propriamente detta e al contesto da cui vengono questi personaggi. Non si tratta solo di introdurli, ma di una larga parte del minutaggio che ne mostra la vita piccola, i problemi ordinari e la spinta al bisogno. Come se si prendesse una sceneggiatura di un film indipendente americano del 1996 e si allargasse il tempo in cui stiamo con i personaggi al di fuori dell’intreccio, prima che gli accada tutto, per capirne le ragioni. Avviene per le due ragazze nel primo segmento e poi di nuovo per Edoardo Pesce, all’inizio del secondo, cioè a metà film.

Fulvio Risuleo mescola così la centralità dell’azione e dell’intreccio nel definire film e personaggi tipica americana, con la centralità del contesto e dei personaggi per definire l’azione tipicamente italiana. Ne esce un ibrido in cui non tutto funziona ma complessivamente il sapore è buono, un film piccolo e a suo modo divertente che tuttavia vive con furbizia di piccoli espedienti. Il Colpo Del Cane non ha insomma la forza di dare solidità ai personaggi anche senza la sua trovata di intreccio, ma la sua trovata di intreccio funziona e rende il film assolutamente piacevole.

Continua a leggere su BadTaste