Il calore della neve, la recensione

Abbiamo recensito per voi Il calore della neve, graphic novel di Christian Galli edita da Tunué

Condividi

Tra i temi ricorrenti della collana Tipitondi, edita da Tunué, c'è sicuramente l'amicizia, intesa come sentimento di complicità tra coetanei che li porta a vivere vicissitudini al limite dell'incredibile, quel tipo di esperienze che, da adulti, ricorderanno come divertenti aneddoti legati all'infanzia. Nonostante sia stato trattato già molte volte, l'archetipo dell'avventura come percorso per conoscere noi stessi e il mondo che ci circonda risulta ancora stimolante, in quanto la volontà di affrontare un viaggio verso l'ignoto scaturisce dagli istinti primordiali dell'essere umano. Pervaso da brividi di paura e d'emozione, passo dopo passo, ogni individuo esplora il mondo esterno per farlo diventare parte di sé, riscoprendosi cambiato di conseguenza.

In questa direzione va Il calore della neve, graphic novel d'esordio di Christian Galli, un racconto ambientato negli anni Novanta imperniato su un'esperienza a metà via tra la fuga di casa e la missione segreta. Un po' per un gioco incosciente, un po' con reale convinzione, quattro ragazzini si incamminano attraverso paesaggi innevati norvegesi attraversati in passato da individui che non hanno mai fatto ritorno. Gli scenari attorno al loro paese d'origine, Høvag, sono tanto maestosi quanto ostili, luoghi che scoraggerebbero anche le anime più coraggiose, ma la missione dei protagonisti è importante: ritrovare il fratello maggiore di uno di loro.

Come da copione, l'avventura presenta fin da subito diversi problemi e prove che tempreranno il carattere dei quattro, mettendo a dura prova la loro dedizione alla causa. Ciò che spinge il gruppo verso una simile impresa è un litigio avvenuto tra Frederik (il ragazzo oggetto della ricerca) e i suoi genitori, scintilla che si rivelerà molto importante nella struttura della vicenda e per comprendere al meglio le dinamiche che legano i vari personaggi, siano essi famigliari o amici.

A rafforzare questa componente incentrata sulla dimensione affettiva ingenua e impacciata propria dell'infanzia è la tecnica scelta dall'autore: l'intero fumetto è infatti illustrato con colori pastello, aspetto che richiama molti prodotti narrativi per ragazzi.

La sensazione, al termine del volume, è di aver letto un buon racconto per bambini, uno di quelli da leggere ai propri figli per mostrare quanto il mondo là fuori possa essere tanto minaccioso a un primo sguardo, ma anche fonte di incredibili sorprese per chi ha il coraggio di attraversarlo superando le proprie paure.

Continua a leggere su BadTaste