Il Cacciatore di Giganti, la recensione

Il Cacciatore di Giganti non è un capolavoro, ma nemmeno il disastro annunciato: una fiaba classica e spettacolare, con un buon cast e un po' troppa ingenuità...

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Ci sono film per i quali si entra in sala aspettandosi il peggio e si esce sorpresi del contrario. Ricordiamo tutti le parole di Bryan Singer su Twitter, "Scusate per queste brutte immagini photoshoppate. Non rendono giustizia al film," in riferimento ai poster del Cacciatore di Giganti. Ora, il film del regista di X-Men e Operazione Valchiria non sarà un capolavoro, ma è molto meglio di quello che si potrebbe pensare. Una fiaba cinematografica ingenua, sì, ma in buona fede, più sulla falsariga di film fantasy come La Storia Fantastica che delle (più o meno riuscite) versioni modernizzate e stilose di Alice nel Paese delle Meraviglie e Biancaneve.

La storia segue le vicende del giovane contadino Jack che viene in possesso di alcuni fagioli magici e, inavvertitamente, ne fa cadere uno nel terreno, ristabilendo attraverso una colossale pianta un legame interrotto violentemente secoli prima tra la Terra e il mondo sospeso dei giganti. Questi decidono di muovere ancora una volta battaglia verso il regno di Cloister, guidati da un traditore. Si tratta quindi della nota fiaba, resa più epica e cinematografica, ma fortunatamente senza buchi di sceneggiatura o particolari cliché. La trama scorre lineare, a tratti avvincente, senza volersi prendere troppo sul serio (e questo è un bene) o senza voler approfondire particolarmente i personaggi (e questo ovviamente è un male).

L'impronta di Singer si vede soprattutto nella messinscena molto ben curata, realistica, nella regia attenta e spettacolare e nella capacità di creare un'atmosfera coerente lungo tutto il film. Sin da subito il rapporto tra Jack e Isabel viene evidenziato attraverso giustapposizioni, e in generale Singer riesce a tenere bene il filo narrativo. I giganti, "grandi" protagonisti del film, riescono sullo schermo molto meglio di quanto non facciano sui poster o nei trailer, forse anche perché Singer riesce a contestualizzarli nell'atmosfera fiabesca della storia. Non a caso sono scene come quella dell'incontro con il primo gigante (molto suggestiva e quasi spielberghiana) o quella nella cucina dei giganti (carica di tensione) che lasciano immaginare come in un primo momento il regista avesse intenzione di realizzare un film molto più cupo e violento: è forse per questo che si sono create delle frizioni con lo studio, che invece preferiva puntare verso le famiglie (da qui il cambiamento di titolo da Jack the Giant Killer al più innocuo Jack the Giant Slayer).

Sul fronte degli effetti visivi la spettacolarità la fa da padrona, gli effetti di scala funzionano bene e il 3D sembra ben studiato (anche se non indispensabile, nonostante il film sia stato girato in digitale 3D), se non fosse per una sequenza animata iniziale per niente riuscita (l'impressione è che si volesse realizzare qualcosa sulla falsariga del prologo di Hellboy 2 o della sequenza animata di Harry Potter e i Doni della Morte - Parte 1, ma senza riuscirci, soprattutto per mancanza di un taglio visivo altamente stilizzato come invece avveniva in quei due film). Anche il cast funziona bene, primo tra tutti Nicholas Hoult, il cui volto semplice e fanciullesco sembra incarnare perfettamente l'immagine classica di Jack. Tra i co-protagonisti il migliore, inevitabilmente, è Stanley Tucci, in un ruolo odioso ma non caricaturale, mentre l'eroico Ewan McGregor è il personaggio che soffre maggiormente la mancanza di approfondimento psicologico.

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