Il buco - Capitolo 2, la recensione: più politico rispetto al fenomeno del 2020, ma anche più confuso

La recensione de Il buco - Capitolo 2, disponibile su Netflix: c'è più politica rispetto al primo, ma il finale è decisamente confuso

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Ve lo ricordate? Eravamo all'inizio del Covid-19, più precisamente a marzo del 2020. Reduce nel 2019 dal Festival di Toronto in anteprima mondiale e da quello di Torino per quanto riguardo la prima italiana, arrivava in Italia su Netflix Il buco di Galder Gaztelu-Urrutia, da brillante soggetto di David Desola.

Una fantascienza spagnola quasi geniale. Si raccontava di una torre assurda in cemento armato con piattaforma centrale che calava dal livello 1 al 333. Il cibo al centro di tutto. Bisognava spartirselo tra i 333 piani. Eravamo in Spagna. Chi ci finiva lì? Vari soggetti sociali. Qualcuno che voleva smettere di fumare per poi avere un fantomatico “Attestato di permanenza” o gente che desiderava espiare. C'erano regole (maggiori di 16 anni, un oggetto da portare con sé, ogni mese venivi trasferito di livello) e rapporti drammatici tra gli abitanti dei vari piani. Ricordava la saga canadese a tre capitoli Cube - Il cubo (1997-2004).

In questo secondo capitolo la faccenda si fa politica. I protagonisti Perempuan (Milena Smit) e Zamiatin (Hovik Keuchkerian) sono rispettivamente una scultrice e un matematico. Affronteranno le solite tentazioni del Buco (mangi come un forsennato anche il cibo degli altri livelli sotto di te?) più qualche senso di colpa relativo alla precedente vita in società (Perempuan potrebbe aver ferito qualcuno?). Gli antagonisti principali sono soprattutto gli Unti. Costoro sono un movimento politico che la fa pagare a chi si approfitta del cibo degli altri mediante soffiate, doppi giochi e accuse tra un piano e l'altro gestite da uno spietato “messia” cieco. L'ambientazione è così intelligente e vivace che i primi 60 minuti passano anche solo ricordandoti le buffe regole di questo posto assurdo che avrebbe fatto impazzire i surrealisti. Chissà Salvador Dalí come si sarebbe comportato una volta finito lì.

C'è da dire che l'impostazione della saga rimane episodica, cioè non c'è un avanzamento verso nuovi intrighi o rivelazioni rispetto al gioiellino del 2019. È un film a sé stante, forse timoroso dei tanti anni di distanza dal primo, acuto nel suo genere di fantascienza adulta ma estremamente confuso per quanto riguarda un finale poco convincente. Questo potrebbe irritare qualcuno e diminuire il fascino di un franchise che nel 2019 sembrava potesse avere infinite potenzialità.

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