I tre moschettieri: Milady, la recensione

La recensione de I tre moschettieri - Milady, il film di Martin Bourboulon con Eva Green, al cinema dal 14 febbraio

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di I tre moschettieri: Milady, seconda parte della serie di nuovi film vagamente basati sul romanzo di Alexandre Dumas

Al secondo tentativo I tre moschettieri versione francese e fumettosa di Martin Bourboulon migliora il tono e centra la personalità che gli calza meglio. Il primo film aveva annoiato, nonostante godesse della possibilità di mettere in scena la parte propulsiva del romanzo e anche la più fedele. Ora invece sembra che proprio il contrario, cioè il fatto che questa seconda parte sottotitolata Milady possa essere più libera di staccarsi dal romanzo di Dumas e anzi proprio andare a raccontare un’altra storia, creando anche altre connessioni tra personaggi, dia vita a un film migliore. Il fatto che siano presenti più scene d’azione e migliori poi non fa che aiutare.

Adesso i moschettieri sono presi in un intrigo decisamente maggiore nel quale, come si conviene, la grande storia delle guerre tra stati e degli intrighi governativi si fonde con le questioni personali, cioè la ricerca da parte di D’Artagnan della sua amata Costance e poi il suo salvataggio. A guastare tutto, fare doppio gioco e tentare sessualmente un fastidiosamente integerrimo D’Artagnan è Milady, interpretata ancora da Eva Green e quindi, come sempre, perfetta.

Nonostante anche in questo secondo capitolo I tre moschettieri sia confuso, inutilmente complicato, farraginoso nel distendere i suoi intrecci, non proprio recitato benissimo (nonostante nomi come Vincent Cassel e Romain Duris) e sostanzialmente complicato da seguire nel suo svolgersi, c’è una mano più felice nella direzione dell’azione. Se una cosa la dimostra questo film è quanto i film siano macchine in cui il movimento è tutto e una migliore armonia all’interno delle scene, un miglior ritmo e un po’ più di intrattenimento possano compensare un contenuto come sempre eccessivamente pensoso e ripetitivo.

È evidente che Bourboulon nell’allontanarsi dal romanzo sia andato verso la convenzionalità, cioè ha ridotto personaggi, eventi e relazioni a svolgimenti più usuali per il cinema, per non dire proprio banali. Tutto è un po’ più anacronistico perché simile a ciò che vediamo accadere nei nostri tempi, tutto è un po’ più prevedibile. Eppure il passaggio a qualcosa di più formulaico crea anche qualcosa di più filmico. Forse non tutti sono buoni registi di storie classiche, e in questo caso il tradimento si dimostra se non proprio la forma migliore di fedeltà (decisamente questi non sono I tre moschettieri di Dumas) almeno la forma migliore di adattamento.

Cosa ne pensate? Ditecelo dopo aver visto I tre moschettieri - Milady, al cinema dal 14 febbraio.

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