I segreti di Brokeback Mountain

Vent’anni nella vita di due uomini, entrambi sposati, ma profondamente innamorati l’uno dell’altro. Uno dei film più discussi dell’anno non mantiene le promesse…

Condividi

“E’ semplicemente una storia d’amore, nessuno parla della coppia di Titanic come di una relazione etero”. E’ quello che hanno dichiarato i realizzatori di questo film, invitando a non concentrarsi sulla natura omosessuale del rapporto che vede coinvolti i due protagonisti, quanto piuttosto sui sentimenti che provano. Bene, prendiamoli in parola e giudichiamo il film per quello che è, confrontandolo con altri prodotti simili, senza preoccuparci delle inclinazioni sessuali dei personaggi.

E allora vediamo che tutto questo entusiasmo di critica e pubblico (Leone d’oro a Venezia e favorito agli Oscar) è difficile da condividere. Si tratta di un melodramma, di una storia d’amore tra due persone che devono (e vogliono) nascondersi e che non riescono a vivere pienamente il loro rapporto.
Ci sono due modi di affrontare il tema. In maniera visionaria e ricca d’immaginazione, come ci insegna la Hollywood degli anni quaranta e cinquanta, con pellicole magnifiche (e anche sovrannaturali) come Il ritratto di Jennie, Pandora e ovviamente le opere di Douglas Sirk, per non parlare di esempi più recenti (penso soprattutto ad un incredibile film coreano, Oasis).
O in maniera più normale e quotidiana, secondo la lezione di Breve incontro di David Lean. Ed è questa la strada scelta da Ang Lee, nonostante le meraviglie del paesaggio avrebbero consentito un’opera più barocca e fiammeggiante. Ma se pensiamo ad un melodramma simile come I ponti di Madison County (anche lì c’era la paura delle convenzioni morali e di abbandonare tutto), il paragone va tutto a vantaggio dell’opera di Clint Eastwood, capace di tratteggiare due personaggi molto più avvincenti. O, per citare il maestro Truffaut, mostrare un uomo così innamorato che arriva a mettere in gioco la sua stessa vita per l’altra persona (nel fondamentale La mia droga si chiama Julie). E anche Titanic, pur con tutti i suoi difetti, prendeva rischi maggiori.

Ecco, forse il punto è proprio questo. Ang Lee sembra non voler scontentare nessuno e mostrarci due persone quanto più normali possibili, facendo attenzione a non eccedere (un po’ come faceva ne Il banchetto di nozze, che però era sostanzialmente una commedia). Il problema è che il melodramma, per sua natura, è eccessivo e rischioso e il confine tra sublime e ridicolo è spesso labile.
Le rare volte in cui la pellicola si avventura in territori veramente pericolosi, non sempre le cose vanno bene. Penso al momento in cui la moglie di Ennis scopre i due amanti, fatto di dialoghi allucinanti (come spesso capita, poco supportati da un doppiaggio non impeccabile) e di smorfie invedibili di Michelle Williams (ma veramente è una delle favorite agli Oscar?). Peraltro, tutti quelli che ci hanno visto un film progressista forse trascurano qualche piccolo particolare. I due protagonisti sono due uomini sostanzialmente mediocri e banali, ma che soprattutto trattano malissimo le loro compagne, uno sostanzialmente utilizzandola per non finire in mezzo alla strada, l’altro arrivando a minacciarla. Per carità, questa sarebbe una delle poche scelte coraggiose del film, quella di non presentare due protagonisti accattivanti e banalmente sensibili, ma perché non notarla e far finta che invece la realtà sia un’altra?

Insomma, la prima parte è veramente brutta e decisamente troppo lunga, con abuso di cliché (l’infanzia triste di Ennis, le aspirazioni frustrate di Jack) e di materiale inutile.
Per fortuna, il secondo tempo si risolleva, anche se non certo a livelli epocali. Comunque, è bello vedere il sottile gioco di bugie e di cose non dette, non solo dei protagonisti alle loro rispettive mogli, ma anche tra di loro. Jack dice veramente tutto a Ennis? E la visione di quest’ultimo nel finale raffigura la realtà o è invece una sua paura dettata da una sua esperienza d’infanzia?
Ed è interessante l’alternanza tra i due pranzi del ringraziamento, che mettono a confronto Ennis e Jack, e il modo in cui risolvono (o meno) i rispettivi problemi familiari.

E’ un peccato però che gli altri interpreti vengano quasi dimenticati, anche se sarebbero in grado di dare cose importanti (non sarebbe stato male saperne di più sul personaggio di Anne Hathaway, la cui ultima scena è notevolissima). Ovviamente, l’attenzione è concentrata sui due protagonisti e sicuramente i due interpreti offrono una buona prova, ma non è il caso di gridare al miracolo. Soprattutto nel caso di Heath Ledger, si può ammirare la sua capacità di manifestare una grande quantità di emozioni con un semplice sguardo, ma non siamo di fronte al nuovo Laurence Olivier (e neanche, per citare il probabile vincitore degli Oscar, l’erede di Philip Seymour Hoffman).

Insomma, se Ang Lee ci voleva dimostrare che una storia d’amore tra due uomini è una cosa tutto sommato banale, ci è riuscito perfettamente. Ma non è un complimento…

Continua a leggere su BadTaste