I Puffi - la recensione

Con spirito classicamente disneyiano, attitudine commerciale e un occhio ai nuovi genitori i Puffi tentano il grande rientro nel mondo dell'intrattenimento infantile...

Critico e giornalista cinematografico


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Sembrava una follia quando fu annunciato: un film suI Puffi realizzato in live action con i personaggi di Peyo animati in CGI, e invece il risultato segna uno dei punti più alti raggiunti fino ad ora dall'animazione digitale. Impressionante il dettaglio e l'animazione dei personaggi ma ancor di più la verosimiglianza del gatto Birba (considerato anche che si tratta di un animale esistente e dunque non da creare ma da imitare).

Stranamente la medesima cura non è poi stata posta alla terza dimensione del film (aggiunta tramite riconversione), che come spesso capita semplicemente non esiste, anche in virtù di uno stile di ripresa che ne rende di fatto molto difficile la percezione.

In un'epoca di continui revival I Puffi sono l'ennesimo prodotto dell'industria culturale riesumato e rimesso al centro dell'immaginario collettivo infantile a forza di placement e merchandising. L'infinità di brand e marche che campeggiano nel film o sono utilizzate dai Puffi in questo senso sono solo un passo di quest'idea più grande di "piazzamento" degli omini blu.

Manhattan è ovviamente il più grande dei piazzamenti, il più grande dei brand che vengono associati ai Puffi per il loro rientro sul mercato, ma poi arrivano anche Google, Microsoft (la "finestra magica", la chiama Grande Puffo), Vaio e via dicendo. Tutti esempi che oltre a parlarci del posizionamento commerciale dell'operazione raccontano anche un'altra dimensione, quella di un film che si rivolge ad un nuovo tipo di genitori, più geek e meno conservatore, senza rinunciare al consueto svolgimento disneyiano.

Molto del film è infatti dedicato agli accompagnatori dei bambini. La linea di trama che riguarda Neil Patrick Harris, diviso tra un lavoro oppressivo e una vita che da due sta per diventare a tre, sembra volersi rivolgere ai più grandi con i suoi molti momenti sentimentali che di certo annoiano un bambino. Il personaggio in questione non sembra essere il genitore classico: Harris rappresenta infatti il genitore geek, che pone domande precise e approfondite ai Puffi sulla loro natura (le stesse che girano in molti "trattati" ironici online) e che rappresenta il nuovo 30-40enne a cui il film non rinuncia a parlare. La mossa tuttavia non sembra vincente ma solo un espediente che annoia il pubblico vero del film ed è un peccato, perchè come storiella leggera e divertente i Puffi aveva tutte le caratteristiche di ritmo e azione che servono.
 

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