I Puffi - la recensione
Con spirito classicamente disneyiano, attitudine commerciale e un occhio ai nuovi genitori i Puffi tentano il grande rientro nel mondo dell'intrattenimento infantile...
Sembrava una follia quando fu annunciato: un film suI Puffi realizzato in live action con i personaggi di Peyo animati in CGI, e invece il risultato segna uno dei punti più alti raggiunti fino ad ora dall'animazione digitale. Impressionante il dettaglio e l'animazione dei personaggi ma ancor di più la verosimiglianza del gatto Birba (considerato anche che si tratta di un animale esistente e dunque non da creare ma da imitare).
In un'epoca di continui revival I Puffi sono l'ennesimo prodotto dell'industria culturale riesumato e rimesso al centro dell'immaginario collettivo infantile a forza di placement e merchandising. L'infinità di brand e marche che campeggiano nel film o sono utilizzate dai Puffi in questo senso sono solo un passo di quest'idea più grande di "piazzamento" degli omini blu.
Molto del film è infatti dedicato agli accompagnatori dei bambini. La linea di trama che riguarda Neil Patrick Harris, diviso tra un lavoro oppressivo e una vita che da due sta per diventare a tre, sembra volersi rivolgere ai più grandi con i suoi molti momenti sentimentali che di certo annoiano un bambino. Il personaggio in questione non sembra essere il genitore classico: Harris rappresenta infatti il genitore geek, che pone domande precise e approfondite ai Puffi sulla loro natura (le stesse che girano in molti "trattati" ironici online) e che rappresenta il nuovo 30-40enne a cui il film non rinuncia a parlare. La mossa tuttavia non sembra vincente ma solo un espediente che annoia il pubblico vero del film ed è un peccato, perchè come storiella leggera e divertente i Puffi aveva tutte le caratteristiche di ritmo e azione che servono.