I nuovi ricchi, la recensione

Scritto e diretto da Julien Hollande, I nuovi ricchi riprende il gusto dell’ironia scanzonata e demenziale di Gli spacciati frenandone gli estremi di scorrettezza e no sense che avevano reso quel disastro di trama una gloriosa perla della commedia camp e slapstick.

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La recensione di I nuovi ricchi, disponibile su Netflix dal 17 novembre

Youssef (Nassim Lyes) è un truffatore bugiardo e arrivista, disposto a tutto pur di fare “la bella vita”: la sua ingenuità è però anche il suo limite, perché viene presto scoperto dalla ricca fidanzata, che lo molla. Sul ciglio di una strada dopo una clamorosa sconfitta a poker e minacciato di morte dai gangster proprietari del club, Youssef troverà in Stéphanie (Zoé Marchal) e le sue criptovalute un modo per svoltare: ma la fregatura è sempre dietro l’angolo.

Scritto e diretto da Julien Hollande, I nuovi ricchi riprende il gusto dell’ironia scanzonata e demenziale del precedente Gli spacciati (sempre con Nassim Lyes) frenandone gli estremi di scorrettezza e no sense che avevano reso quel disastro di trama una gloriosa perla della commedia camp e slapstick. Se, tuttavia, quello che in Gli spacciati funzionava era proprio l’esagerazione libera ad eccessiva, il ritmo folle e il rimescolamento ironico dei generi (gangster movie, buddy movie, commedia), in I nuovi ricchi Hollande riprende quell’accattivante trasgressività solo in parte, creando una storia sì divertente ma piuttosto prevedibile nella sua idea di raccontare una love story criminale.

Dalla periferia parigina Hollande fa in I nuovi ricchi un salto “di classe” e si sposta verso il centro, tra il lussuoso appartamento che Youssef scrocca alla ex ragazza e le vie più centrali, alternati ad un losco club di poker e poco altro. Lo scollamento tra il protagonista e l’ambiente che lo circonda viene però lasciato piuttosto da parte (tolta la parte introduttiva) e così questa storia di mancata ascesa sociale può vivere solamente, se non del conflitto dato dal contesto, della forza caricaturale del protagonista.

In questo senso, Nassim Lyes è veramente un portento della commedia, dotato di un’espressività e di una fisicità talmente nevrotiche (è fisicato ma goffo, mostruoso ma affascinante, piacione ma ingenuo) che il film funziona soprattutto in virtù di lui. C’è però un’altra cosa che in I nuovi ricchi abbonda e ad Hollande riesce benissimo: fare menare la gente.

Sono infatti le numerose sequenze botte acrobatiche, goffe e creative che rendono I nuovi ricchi davvero ritmato e appassionante, intervallati da buoni scambi di commedia slapstick - ancora, l’uso del corpo di Lyes, torturabile e indistruttibile come fosse di gomma - e personaggi divertenti, anche se non troppo originali (il cattivo “farfalla”, l’amico che trucca le Ferrari).

I nuovi ricchi è quindi una buona commedia, che brilla soprattutto nel lavoro fisico sui personaggi, nel caricaturale, meno quando si prende a tutti i costi sul serio dal punto di vista drammatico. Ché la commedia demenziale che fa Hollande, di per sé, è seriamente difficile da fare (e fare bene): sarebbe bastato solo quello.

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