I mercen4ri - Expendables, la recensione

Arrivato al quarto film I mercn4ri ha perso molto dello spirito originario e sembra non riuscire a trovare un'altra ragion d'essere

Critico e giornalista cinematografico


Condividi

La recensione di I mercen4ri - Expendables, il quarto film della serie I mercenari, in uscita in sala il 21 settembre

È strano a dirsi, ma forse questo quarto film della serie di I mercenari è quello che più vorrebbe somigliare al classico action anni ‘80 che ha fondato la parte più grande della fama e della notorietà di Sylvester Stallone. Nonostante la serie nascesse proprio per quello, per rimettere in pista i grandi vecchi del cinema d’azione, tutti insieme, una sorta di vendicatori senza superpoteri, squadrone di eroi del cinema d’azione duro di una volta, lo stesso i primi due film avevano una patina di modernità, erano più calati nel proprio tempo di quanto non affermassero i personaggi e sicuramente più di questo quarto (e parzialmente del terzo), che invece suona totalmente superato, sia nella scrittura, che poi nella regia e alla fine inevitabilmente nelle interpretazioni.

Questa volta c’è Scott Waugh in cima al progetto, regista che non aveva per niente impressionato con Act Of Valor e Need For Speed, e che qui prosegue con coerenza nel suo stile derivativo e privo di forza espressiva. A scrivere c'è invece un team che complessivamente ha in curriculum Point Break (il remake), Atto di forza (il remake) e il brutto Giustizia privata. Sono tutti punti di riferimento che torneranno nel film, cioè tutti film le cui caratteristiche sì ritrovano qui, a partire da una forte vena di commedia, particolarmente pronunciata all’inizio, che coinvolge i due personaggi principali (Stallone e Statham) in una serie di duetti con botte o senza, intenti a scambiarsi frasi che dovrebbero essere sapide come in Tango e Cash

Quando poi il film entrerà nel vivo, con la classica missione mortale, i tradimenti, le scoperte, le morti e via dicendo, I mercen4ri sarà invece affossato da un abuso di computer grafica, l’unico elemento di modernità che invece sarebbe stato bene non incorporare, anche perché I mercenari, originariamente, era la risposta alla digitalizzazione dell’azione. L’idea era proprio di rifare i film come una volta (o quasi, un po' di digitale era inevitabile anche nei primi), la controriforma. Invece ora non solo il sangue, stavolta abbondantissimo in cerca di un rating che attiri i ragazzi che di poco non ci rientrano, ma anche fuoco e polvere sono digitali, e senza la capacità di farli sembrare reali che hanno i film più costosi (con cui questo non dovrebbe proprio competere).

Se a tutto ciò si aggiunge la fastidiosa tendenza della sceneggiatura a voler giustificare sempre ogni scelta dei personaggi, facendo spiegare a qualcuno perché si sia optato per una cosa e non per un’altra, perché qualcun altro si è comportato in una certa maniera, di fatto suggerendo allo spettatore cosa debba pensare, è chiaro che il film è troppo appesantito per poi reggere un’azione fasulla. Giusto Iko Uwais e soprattutto Tony Jaa, nonostante le loro arti marziali siano ingiustamente molto montate, riescono ad animare le proprie scene e ricordare un po’ cosa sia la vera azione.

Anche Jason Statham (che quanto a performance ha delle carte da giocarsi) quando è in scena con loro funziona di più. E non sembra un caso che proprio le loro parti siano le migliori, visto come sono gli unici che interpretano il genere in una chiave tecnica e moderna.

Sei d'accordo con la nostra recensione di I mercen4ri? Scrivicelo nei commenti

Continua a leggere su BadTaste