I May Destroy You: la recensione

I May Destroy You è la serie HBO creata da Michaela Coel che parla di violenza sessuale e dei limiti del consenso

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Spoiler Alert
I May Destroy You: la recensione

I May Destroy You, come Unbelievable lo scorso anno, è una serie che parla di una violenza sessuale. C'è sempre un gesto repellente alla base della storia, ma Michaela Coel è riuscita a dare alla vicenda quell'impulso creativo, e in parte autobiografico, che le ha permesso di raccontare qualcosa di unico. La serie, trasmessa dalla BBC e HBO per dodici puntate, elabora infatti il trauma psicofisico attraverso una narrazione mai scontata: contraddizioni, altri temi, leggerezza perfino. Con sguardo sicuro, la regista, sceneggiatrice e interprete principale della serie costruisce un racconto sulla percezione dell'altro e la definizione di sé, senza ombra di retorica.

Arabella è una scrittrice da poco rientrata a Londra dall'Italia. Le sue velleità artistiche si sono già concretizzate in un primo libro che le ha dato una certa notorietà. Non sarà diventata "la voce della sua generazione" (che era il sogno della protagonista di Girls ed è un tema che dovremmo sempre considerare quando vediamo certe serie), ma capita che venga riconosciuta per strada, e i follower non le mancano. Una sera, viene stuprata. Lo shock tuttavia è elaborato a posteriori, come una lenta presa di coscienza che si insinua nel quotidiano attraverso brevi flash, reazioni improvvise, la progressiva ricostruzione dell'accaduto.

Michaela Coel aveva già raccontato di aver subito una violenza sessuale anni fa durante il periodo della scrittura di Chewing Gum, la serie che le aveva portato la notorietà. Quelle esperienze sono confluite nel processo di analisi ed elaborazione raccontato da I May Destroy You. D'altra parte, come detto la serie rifiuta di adagiarsi sulla semplice retorica drammatica che avrebbe ugualmente portato consensi allo show. Lo stesso fatto non è utilizzato per creare uno shock visivo sul quale costruire l'empatia. Piuttosto, Michaela Coel va da subito oltre, si focalizza sulle conseguenze, grandi e piccole, dal taglio sulla fronte alla situazione che fa scattare un istinto di paura e rifiuto.

Nell'abbracciare questa sintesi di analisi e immagini, la serie diventa da subito molto più incisiva. Più sistemica quasi. Anche perché questa non è solo la storia di Arabella. C'è una sottotrama importante dedicata a Kwame, amico gay di Arabella. Anche lui vive un episodio di violenza sessuale, ma, essendo avvenuto a margine di una notte passata con un altro uomo conosciuto in rete, semplicemente viene rigettato dal sistema quando prova a denunciare. Ma c'è anche il racconto di Terry, amica di Arabella, anche lei vittima in una notte in cui due uomini si approfittano di lei.

Sono tutti episodi che affrontano di petto le sfumature del contatto umano, i limiti tra ciò che è opportuno e ciò che è inaccettabile. Ed elaborano l'idea che sia necessario un dialogo continuo, aperto, anche sofferto, ma tangibile e concreto sul contatto tra corpi e sul consenso. Molto importante per il tema della serie, forse più della violenza sessuale di inizio stagione, sarà l'esperienza di Arabella con Zain. In questo caso il tema la violenza non si manifesterà in una forzatura fisica, ma nel gesto di togliersi il preservativo durante l'atto sessuale senza informare la partner.

I May Destroy You, come qualunque altra serie, non nasce dal nulla. Ha una voce propria, ma può essere considerata come l'esito, benvenuto, di un percorso seriale più intimo, che coincide quasi sempre con personalità messe in condizione di raccontare il proprio punto di vista particolare. E, sia esso Fleabag, Ramy o Atlanta, non è tanto il contenuto o il tema a dare valore alla serie, quanto le forme del racconto e la capacità di ragionare sull'universale partendo dal singolo. Michaela Coel intende questo percorso a modo suo. La sua Arabella è un personaggio sincero, schietto, che spesso si butta sulla leggerezza. Non è esente da difetti, probabilmente è la prima a non riuscire a comprendere del tutto le persone amate che la circondano, né a gestire nel modo più coerente possibile le esigenze economiche e idealiste nel ruolo di influencer.

Ma è proprio nelle asperità che il racconto diventa sincero e sfida la percezione dello spettatore che vi partecipa. Come nella scena intima in cui si parla con naturalezza – e qui sì, mostrando chiaramente – di un coagulo di sangue dovuto al ciclo prima di un rapporto sessuale.

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