I Fratelli Menendez, la recensione: dal processo mediatico alla rivalutazione pubblica
ll nuovo documentario disponibile su Netflix ben descrive come è cambiata la reputazione dei Fratelli Menendez negli anni
Un classico lungometraggio documentario crime distribuito su Netflix con il cursore che va avanti e indietro nel tempo durante il corso dei suoi 116 minuti e le canoniche telefonate dal carcere dei protagonisti. Si intitola I fratelli Menendez e racconta nuovamente, in forma non fiction, l'omicidio perpetrato dai due ai danni dei genitori José e Mary Louise Menendez, recentemente rievocato in forma fiction da Ryan Murphy e Ian Brennan in MONSTERS: La storia di Lyle ed Erik Menendez.
È un buon documentario. Soprattutto Hartmann è stato bravo a far sentire il cambiamento di giudizio da parte dell'opinione pubblica americana, e non solo, dagli anni '90 in cui i due furono arrestati e si fece il processo (conclusosi nel 1996 dopo un secondo dibattimento) ai giorni nostri in cui tanti tiktoker si sono schierati a favore di Erik e Lyle per un ridimensionamento della pena. Al centro l'enigma che tutti conoscono dopo la serie tv: Erik e Lyle subirono entrambi violenze sessuali dal padre José dalla tenera infanzia fino ai giorni precedenti l'omicidio oppure quel tema fu una trovata del loro avvocato Leslie Abramson (si è rifiutata di partecipare al doc di Hartmann) per intenerire la giuria?
Dov'è la verità? Quella processuale la conosciamo già. Ribadiamo, al di là della maggiore chiarezza del punto dei vista dei realizzatori, qual è la qualità principale di questo documentario: spiega molto bene come Erik e Lyle vengano rivalutati dagli USA con il tempo. Il giudizio sui Fratelli Menendez, motteggiati inizialmente nello storico sketch del Saturday Night Live, sarebbe cambiato nella percezione del popolo americano dal 1990 a oggi anche grazie agli interventi di opinionisti come Oprah Winfrey.