I figli degli uomini (Children of Men)

2027. Da quasi vent’anni non nascono più bambini. Fino a quando, una ragazza rimane incinta e si trova coinvolta in una lotta per il possesso di suo figlio. Alfonso Cuarón mette in scena uno spettacolo visivo notevolissimo, ma la storia è un po’ debole…

Condividi

Se in un’umanità sterile all’improvviso una ragazza rimanesse incinta, è normale pensare che questa ragazza rappresenterebbe un’enorme speranza per il futuro. Ma questo solo dopo che, attraverso dei test e delle analisi, scoprissimo che questa donna ha qualche caratteristica genetica replicabile (o sfruttabile) per sconfiggere la sterilità di miliardi di altre donne. Altrimenti, si tratterebbe semplicemente di un caso fortuito, come un bambino che nasce con due teste (un caso su un miliardo, insomma) e che quindi non avrebbe nessuna incidenza sul destino dell’umanità.

Il problema de I figli degli uomini sembra proprio questo. Si crea un obiettivo principale (la salvezza di questa donna e del suo bambino), che dovrebbe tenere inchiodati alla poltrona gli spettatori, senza dimostrare che è veramente così importante per l’umanità. In realtà, sembrerebbe quasi che Cuarón sia più interessato alla ‘rinascita’ spirituale e politica del protagonista (interpretato da un Clive Owen in buon equilibrio tra disincanto e spirito di sacrificio), che alla storia principale. E, d’altronde, a tratti si nota una certa freddezza, come se il regista fosse più coinvolto dalle immagini che dalla vicenda.

D’altra parte, almeno due piani sequenza sono da applauso, non soltanto per le difficoltà tecniche, ma perché il loro virtuosismo risulta efficacissimo per emozionare e coinvolgere il pubblico. Per il resto, Cuarón sembra troppo didascalico nel mostrarci un futuro triste che potrebbe anche essere il nostro, mostrando continuamente gruppi di fondamentalisti fanatici e macchine carbonizzate lungo la strada. E, francamente, l’idea di un’Inghilterra razzista mostrata in questo modo (con gli immigrati illegali chiusi in gabbie visibili a tutti) è decisamente ingenua. In generale, per chi ha letto un po’ di fantascienza nella sua vita, I figli degli uomini non brilla per originalità.

Una scena nel finale è perfettamente rappresentativa. La reazione dei soldati di fronte ai protagonisti produce sicuramente una scena di forte impatto, ma anche poco credibile. Così come la rivelazione dello stato della ragazza al protagonista è molto apprezzabile come ambientazione, ma poco convincente a livello emotivo. E le metafore bibliche (compresa l’idea costante di mostrare eventi straordinari in ambienti umili) sono un po’ eccessive.

Per il resto, il notevole cast è usato in maniera intelligente, in particolare Michael Caine e Julianne Moore (in un ruolo che vi sorprenderà sicuramente). Così come la colonna sonora anni sessanta-settanta è decisamente appropriata per il senso nostalgico che riesce ad esprimere.

Peccato che Alfonso Cuarón non abbia messo un po’ più di cuore e un po’ meno di testa: avrebbe potuto essere un filmone…

Continua a leggere su BadTaste