I figli degli uomini (Children of Men)
2027. Da quasi vent’anni non nascono più bambini. Fino a quando, una ragazza rimane incinta e si trova coinvolta in una lotta per il possesso di suo figlio. Alfonso Cuarón mette in scena uno spettacolo visivo notevolissimo, ma la storia è un po’ debole…
Il problema de I figli degli uomini sembra proprio questo. Si crea un obiettivo principale (la salvezza di questa donna e del suo bambino), che dovrebbe tenere inchiodati alla poltrona gli spettatori, senza dimostrare che è veramente così importante per l’umanità. In realtà, sembrerebbe quasi che Cuarón sia più interessato alla ‘rinascita’ spirituale e politica del protagonista (interpretato da un Clive Owen in buon equilibrio tra disincanto e spirito di sacrificio), che alla storia principale. E, d’altronde, a tratti si nota una certa freddezza, come se il regista fosse più coinvolto dalle immagini che dalla vicenda.
Una scena nel finale è perfettamente rappresentativa. La reazione dei soldati di fronte ai protagonisti produce sicuramente una scena di forte impatto, ma anche poco credibile. Così come la rivelazione dello stato della ragazza al protagonista è molto apprezzabile come ambientazione, ma poco convincente a livello emotivo. E le metafore bibliche (compresa l’idea costante di mostrare eventi straordinari in ambienti umili) sono un po’ eccessive.
Peccato che Alfonso Cuarón non abbia messo un po’ più di cuore e un po’ meno di testa: avrebbe potuto essere un filmone…