Scompartimento n.6, la recensione | Cannes 74
Scompartimento n.6 riesce a fare in modo che, in uno scenario gelato di distacco e volgarità, una relazione tra un ragazzo e una ragazza lentamente si scaldi.
Accade raramente che un film apra un nuovo mondo, cioè che riesca a raccontare qualcosa che nessuno aveva raccontato prima e nel farlo colga lo spettatore impreparato, che gli regali una “prima volta”. Anche quando come in questo caso siamo vicini a molto altro cinema può ancora capitare che qualcuno scavi una nicchia in un argomento molto abusato, per scoprire un piccolo luogo dell’essere umani che nessuno aveva esposto così precisamente.
Ci vorrà un film intero e diversi eventi in questo viaggio lentissimo fatto di pause anche da 40 minuti, per riscaldare la relazione.
Non c’è di certo un grande amore al centro di tutto e nemmeno una storia clamorosa come si fa di solito, anzi, quello raccontato è un incontro che lentamente sollecita piccole emozioni e un’affezione abbozzata, esattamente quelle che nessuno racconta mai. E Scompartimento n.6 mette bene in chiaro che in realtà non esistono sentimenti semplici, che anche i più modesti hanno diverse implicazioni, necessarie anche solo ad aprirsi poco, e che se guardati da vicino anche i più trattenuti smottamenti sono commoventi (in una delle scene più belle lei tramite un disegno riesce ad aprire una piccola breccia in lui che quando si accorge di aver esposto involontariamente qualcosa di intimo spaventato scappa).
Ovviamente non si arriva ad un simile risultato senza una grandissima recitazione da parte di Seidi Haarla e Yuri Borisov, come anche non sarebbe possibile senza la scrittura pazzesca di Livia Ulman (che riesce ad evitare tutte le regole banali dei sentimenti simulati al cinema e fa avvicinare i personaggi in modi originali che suonano subito autentici e reali), ma è con la maniera in cui Kuosmanen riprende questa storia, con le luci che sceglie di usare per gli interni di questo treno di fine anni ‘90/inizio anni 2000 e poi con gli ambienti che esplorano fuori dal treno, che Scompartimento n.6 sfonda definitivamente ogni resistenza dello spettatore. Da villaggi innevati popolati di uomini soli e ubriachi (ma generosi) fino ad un finale fuori dalla grazia di Dio in una specie di lago ghiacciato pieno di navi abbandonate alla deriva e possedute dalla neve, tutto il film è un paesaggio gelato doloroso che i due personaggi volontariamente o meno cercano di scaldare.
E che questo sia poi punteggiato dall‘umorismo finlandese, mai spumeggiante o dichiaratamente allegro ma molto forte nel sottolineare con minimalismo povertà, ignoranza, disperazione o anche solo l’insensata stupidità della vita, è un bonus che completa il quadro del film e riesce a far suonare la storia reale, completa anche dell’ordinario ridicolo quotidiano e per questo non artificiosa.
Sei d'accordo con la nostra recensione di Scompartimento n.6? Scrivicelo nei commenti