Hypnotic, la recensione
Una cattedrale di assurdità che potrebbero anche essere accettate se Hypnotic non complicasse poi tutto all'inversosimile
La recensione di Hypnotic il film di Robert Rodriguez con Ben Affleck, in sala dal 6 luglio
A questo punto andrebbe almeno raccontato l’inizio della trama ma è superfluo, il punto del film è di ribaltare mille volte quello che crediamo, ipnotizzando il pubblico come i diversi personaggi: loro vedono ciò che qualcuno gli fa vedere credendo sia vero, e noi pure. Quindi le cose non stanno come vediamo all’inizio, ma nemmeno come vediamo a metà e tantomeno come vediamo nel finale! Questo è l’espediente con il quale Rodriguez cerca di creare il massimo della tensione, ma è impossibile, perché va in deroga al principio numero 1 della tensione: dobbiamo credere a quel che vediamo. Invece in Hypnotic al secondo svelamento che è tutta una proiezione mentale smettiamo di credere a ogni cosa. Se tutto può essere falso allora nulla è davvero vero, pericoloso o importante.
A un certo punto un abbozzo di allegoria cinematografica, per la quale un personaggio, uscito da un lunga ipnosi, scopre che intorno a sé la realtà che ha vissuto non era come credeva, ma scenari di cartapesta come set di un film, artifici che diventano veri nella nostra testa solo grazie a un’illusione e che possiamo vedere per quello che sono (trucchi) se ci estraniamo, fa venire voglia di farsi ipnotizzare e dimenticare addirittura anche le pretese!
Nascosto a buona ragione dal festival di Cannes con un'unica proiezione, l'ultimo giorno, iniziata all'1.30 di notte.