Hunters (stagione 2), la recensione

La stagione 2 di Hunters si concentra sulla caccia a Hitler, non risolvendo del tutto i problemi della precedente annata

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La nostra recensione della stagione 2 di Hunters, disponibile dal 13 gennaio su Prime Video

Due anni fa, accoglievamo la prima stagione di Hunters come un prodotto che risultava non così sorprendente o accattivante come la sua confezione pareva indicare. La durata fiume, l'alternarsi di toni non sempre ben amalgamati, una struttura narrativa tutto sommato semplice, ci avevano fatto storcere un po' il naso. La seconda e (annunciata) ultima annata sarà riuscita a migliorare i difetti e giungere a una soddisfacente conclusione? Ve lo raccontiamo nella nostra recensione.

Hunters 2: la trama

Le nuove puntate di Hunters ci portano direttamente nel 1979, due anni dopo gli eventi della prima stagione. Jonah Offerman si è trasferito a Parigi e conduce una nuova vita con la fidanzata. Logan Lerman indossa lunghi capelli e una folta barba, come segnale di una maggiore maturità e sicurezza rispetto all'imberbe ragazzino della stagione precedente. La sua missione sembra un lontano ricordo, dopo un incidente accaduto in Europa ne ha causato l'arresto, ma non passerà inevitabilmente molto tempo che questa tornerà a bussare alla sua porta. Si ricongiunge così con l'agente dell'FBI Millie Morris (Jerrika Hinton), convincendola che Hitler è ancora vivo e si nasconde da qualche parte in Sud America. Ritrova i propri compagni e con loro parte per una lunga ricerca del famigerato dittatore, congiungendo via via gli anelli della catena di persone a lui fedeli che possono condurlo nel suo rifugio.

Nel frattempo, l'intreccio ci porta indietro di quattro anni, quando Meyer Offerman (Al Pacino) è ancora vivo e cerca di costruire la squadra degli hunters, facendo i conti con la sua nuova vita negli Stati Uniti. Qualcuno però dubita della sua vera identità e così l'uomo dovrà difendersi a tutti i costi.

Un intreccio dai due volti

A far guadagnare punti alla seconda stagione rispetto alla precedente è sicuramente la scelta di ridurre il numero di episodi (da 10 a 8) così come la durata complessiva: il ritmo e il coinvolgimento ne risentono positivamente. Con un'orizzonte più chiaro e delineato (ritrovare Hitler) l'intreccio principale è più compatto e scorrevole. Il modello di riferimento diventa ancora di più il Tarantino di Bastardi senza gloria, con alcuni passaggi molto simili, attacco a sorpresa in un teatro compreso. Ancor di più sono accentuati i toni da exploitation, con alte dosi di violenza. Inoltre, l'introduzione di alcune dinamiche da spy story (la ricerca di informazioni e persone coinvolte) e il passaggio in varie location, tra l'Europa e il Sud America, rende la storia decisamente più intrigante.

Molto meno convincente è invece la linea narrativa composta dai flashback su Meyer Offerman. Il ritorno del personaggio di Al Pacino risulta come una presenza strabordante e, paradossalmente, una zavorra per la serie nel suo complesso. Quello che infatti scopriamo nelle sequenze a lui dedicate sono informazioni che fanno luce sugli eventi che hanno portato all'avvio della storia e coprono alcune questioni lasciate in sospeso. Ma in verità queste non influenzano in modo sostanziale quello che accade nel 1979: manca una effettiva connessione tra i due piani temporali. Hunters 2 dunque non evita del tutto il cadere in lungaggini, complice anche un episodio che funge da lunga premessa a una svolta che poteva benissimo essere spiegato in una singola scena.

I nuovi personaggi di Hunters

Tra i (pochi) nuovi ingressi significativi nel cast c'è da segnalare sicuramente l'ottima prova di Jannifer Jason Leigh, nei panni di Chava Apfelbaum, cacciatrice di nazisti molto esperta, che farà squadra con Jonah. Sboccata e violenta, ricorda da vicino il personaggio indimenticabile dai lei interpretato in un altro film di Tarantino, The Hateful Eight. Non così si si può dire per la fidanzata di Jonah, Clara (Emily Rudd), che se poteva sulla carta diventare un contraltare alle idee del protagonista (l'utilizzo della violenza per raggiungere i propri scopi), alla fine si riduce a mera funzione narrativa, con poco spessore.

In generale, se poi tutte le figure dei gerarchi nazisti sono macchiette caricaturali, la componente ironica che riguarda la squadra degli hunters, seppur rimanga presente (soprattutto nel personaggio di Josh Radnor) si riduce sensibilmente, per dare a loro una statura morale e drammatica molto forte. Il portato dell'ebraismo, della persecuzione razziale, degli odi che allora (come oggi) rimangono è un tema che emerge più volte, con sottolineature a volte fin troppo marcate.

Al termine degli 8 episodi si arriva dunque un po' a fatica, con uno scioglimento che non sembra avere ragione se non come riflessione sociologica che stride con le atmosfere complessive. E se l'annunciata cancellazione della serie poteva far sperare in una conclusione definitiva, non mancherà proprio nell'ultima immagine un potenziale nuovo sbocco narrativo che (purtroppo o per fortuna) non vedremo mai.

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