House of X #1, la recensione
L'esordio privo di difetti della miniserie House of X promette di rivelare molti tesori preziosi
C’erano una volta gli X-Men. Forse nessun super gruppo del Fumetto americano ha saputo rappresentare in modo più efficace i vari temi portanti dei decenni passati, dagli avventurosi e pionieristici anni Sessanta e Settanta agli intrecci sentimentali e personali degli Ottanta, e via a seguire fino ai giorni nostri. O quasi. Già, perché a riprova dei molti nemici con cui devono vedersela i Figli dell'Atomo, i due decenni del nuovo secolo sono stati segnati da varie turbolenze editoriali e discontinuità creative che, pur producendo a tratti storie e momenti validi e appassionanti, hanno impedito a questi personaggi di conservare il vessillo dell’eccellenza e della rappresentatività nell’epoca in cui viviamo. Tutto questo, fino a House of X #1, che ha fatto la sua comparsa nella giornata di ieri nelle fumetterie statunitensi.
Questo è lo scenario che ci si presenta davanti quando il sipario di House of X si alza: la razza mutante non solo ha fondato una sua nazione offrendo un rifugio sicuro a tutti i suoi membri (e prendendo le dovute precauzioni per evitare che si ripeta un’altra tragedia come quella di Genosha), ma si presenta alle potenze mondiali offrendo doni miracolosi (cure per malattie mentali, allungamento della vita, medicinali universali) in cambio del riconoscimento e dell’accettazione. Architetto di tutto questo è un redivivo Charles Xavier che sembra avere rinunciato per sempre al vecchio sogno di convivenza pacifica (almeno nella sua incarnazione che vedeva mutanti e umani dividere lo stesso habitat) in nome di un più pragmatico: “Vi concederemo buona parte del pianeta se in cambio riconoscerete la nostra superiorità”. Un’offerta/ultimatum tinto di una vena di hubris che pone le basi per numerosi colpi di scena futuri.
A sostegno di questa visione sembra essere accorsa la razza mutante nella sua interezza, da Magneto, ambasciatore ed emissario di Xavier nel mondo esterno, ai membri delle varie squadre del passato, fino a includere anche presunti super criminali come Mystica, Toad e Sabretooth. Intravediamo un primo accenno di opposizione a questa presunta posizione di supremazia nello spazio esterno, dove le branche di varie organizzazioni umane come S.H.I.E.L.D., S.T.R.I.K.E. e H.A.M.M.E.R. sono impegnate nella costruzione di quella che sembra essere una Sentinella di proporzioni planetarie/cosmiche, a riprova del fatto che l’umanità, o almeno parte di essa, non accetterà la posizione subordinata tanto facilmente.
"Mille sono i dettagli, gli accenni di trama, le allusioni e i momenti degni di nota disseminati nell’albo."Chiude la prima carrellata un incontro estemporaneo tra gli X-Men e i Fantastici Quattro, che mettendo a confronto l’inossidabile Reed Richards con un Ciclope benedetto da un’incisività e un carisma che non ritrovava da molto tempo, esemplifica in maniera netta, vivace e accattivante quello che sarà il tenore e l’essenza del conflitto che verrà tra la nazione mutante di Krakoa e il resto del mondo.
Se queste coordinate di base erano essenziali per poter descrivere l’esordio di Jonathan Hickman sulle serie che portano una "X", uno scarno riassunto difficilmente può trasmettere l’idea della piacevolissima esperienza di lettura. Mille sono i dettagli, gli accenni di trama, le allusioni e i momenti degni di nota disseminati nell’albo; da uno Xavier simbolicamente presentatoci a volto coperto (in stile Creatore) e vagamente disumanizzato e messianico, a un Wolverine che in un raro momento di pace gioca con un gruppo di piccoli mutanti nei boschi della X-nazione.
E, naturalmente, altrettanti sono gli interrogativi che emergono nelle pagine di questo primo assaggio. Magneto è veramente fedele in tutto e per tutto alla visione dell’amico/rivale? I macchinari approntati dalla “resistenza umana” sono un’iniziativa ufficiale o opera di schegge impazzite? Tutto questo senza contare che House of X introduce solo una minima parte del cast preannunciato nelle varie interviste: se già questo affresco parziale risulta così intrigante, ancora più alte sono le aspettative sul quadro generale che emergerà quando tutti gli attori saranno entrati in scena.
Menzione d’onore per i disegni e le chine di Pepe Larraz, il quale ha svolto con estro il non facile compito di dare un volto, un aspetto e un’identità visiva a questo nuovo mondo, caratterizzando la nazione mutante di Krakoa, i suoi portali e i suoi avamposti con un look naturale dove a farla da padrone sono gli elementi organici e le onnipresenti colture vegetali, mentre il “vecchio mondo”, con le sue strutture di metallo e i suoi colori freddi, appare più obsoleto che mai.
Un esordio esente da difetti, quindi? Apparentemente sì. In sé, House of X #1 è un numero di lancio pressoché perfetto per la nuova era mutante. Se di mancanze vogliamo proprio parlare, qualche ombra sulla testata d’angolo di Hickman non viene tanto dai contenuti effettivi, oggettivamente di altissima qualità e soprattutto accattivanti e coinvolgenti in modo semplice e immediatamente fruibile, bensì dai suoi predecessori: troppe volte negli anni precedenti gli X-lettori hanno visto ripartenze, “anni zero” e “rinascite mutanti” partire con le migliori intenzioni per poi perdersi rapidamente per strada. I più cinici o i più disillusi potrebbero pensare di trovarsi di fronte a un caso del genere, e che anche l’impatto della Casa di Xavier sia destinato a diluirsi con il passare del tempo.
Naturalmente, solo il tempo lo dirà e ci darà una risposta definitiva. Ma l’istinto di chi scrive è propenso a credere che stavolta il riscatto degli X-Men sia valido, incisivo e duraturo. Se gli altri tasselli del mosaico sapranno mantenere la stessa energia, la stessa tensione e la stessa aspettativa di House of X #1, ci aspetta una saga mutante epocale, veramente degna di affiancare gli altri tre capisaldi ricordati all’inizio.
L’era mutante targata Hickman promette di rivelare molti tesori preziosi. Basterà scavare nel punto indicato dalla X.