House of the Dragon 2x03 “Il mulino in fiamme”: la recensione
Tra conflitti, azione e magia, il terzo episodio di House of the Dragon trova finalmente un ritmo che rende giustizia alla storia
La nostra recensione dell'episodio 2x03 di House of the Dragon, dal titolo “Il mulino in fiamme”, disponibile da oggi in esclusiva su Sky e in streaming su NOW.
Casate contro Casate
«I sette regni pisciano e le terre dei fiumi si cambiano la veste». (Brynden Tully il Pesce Nero)
Il pericolo di una guerra
«Non c’è guerra tanto odiosa agli Dei come quella tra consanguinei. E nessuna guerra è tanto cruenta come quella tra Draghi». (Rhaenys Targaryen)
Sono di Rhenys le parole più sagge dell’episodio, quelle che mettono in guardia Rhaenyra da una guerra che rischia di diventare come tutte le altre, senza senso e di cui in futuro non ci si ricorderà nemmeno l’origine, proprio come la faida millenaria tra i Bracken e i Blackwood. E difficile ignorare la natura non interventista del governo di Rhaenryra, ma la verità è che è compito dei grandi leader evitare i conflitti, problema in più se si tratta di donne al comando, sempre a rischio di non essere ascoltate o messe da parte. Se gli uomini smaniano per il sangue, sono invece le donne ad essere le più sagge ed accorte, Rhaenyra con il suo tergiversare e la sua cautela rispetto alle richieste del Concilio Nero ma anche Rhaenys con il suo realismo rispetto al marito Corlys, personaggio decisamente sottotono per questa prima parte di stagione. Anche l’alleanza di Rhaenyra con Mysaria rientra nella visione femminista della serie, dal momento che si tratta di due donne che hanno in comune lo sforzo di dover essere prese sul serio da uomini, nello specifico Daemon, che promettono di restare per poi abbandonarle.
Come Ginevra e Lancilotto?
Mentre facciamo la conoscenza di ser Gwayne Hightower, fratello di Alicent ed interpretato dall’attore Freddie Fox, assistiamo a questa scena che dovrebbe essere in stile "amor cortese", quasi alla Lancillotto e Ginevra: la regina che concede un fazzoletto simbolo del proprio favore all’amato prima che quest'ultimo parta in guerra. In realtà ciò che si cela tra i due è un gioco di potere sottile, fatto di allusioni e frasi non dette, dove Alicent (che con ser Criston sta riscoprendo una sorta di giovinezza mai vissuta per così dire) non fidandosi del nuovo Primo Cavaliere (da notare la sua nuova pregiatissima collana) prima lo mette in difficoltà davanti al Concilio Verde e poi lo fa seguire dal proprio fratello nella sua spedizione. D’altronde è una caratteristica dei Verdi quella di non parlare mai apertamente tra loro.
Salvo solo per la più sincera ed autentica della famiglia: Helaena continua infatti ad essere uno dei personaggi più affascinanti della stagione, grazie anche a manierismi e atteggiamenti da persona neurodivergente con cui Phia Saban ha probabilmente deciso di caratterizzarla. L' Aegon di Tom Glynn-Carney si sta dimostrando molto più difficile da odiare rispetto a quanto anticipato dalla scorsa stagione, mentre la doppia natura di Aemond resta uno dei misteri più interessanti da svelare per lo spettatore. In questo episodio conosciamo anche un certo Ulf, che afferma di essere un "Seme di Drago", ovvero un Targaryen bastardo: per quanto riguarda l’introduzione di nuovi personaggi, lo show sta facendo un ottimo lavoro nel “piantare i semi” nei vari episodi, senza distogliere l’attenzione dalla storia principale, ma centellinando quella che potrebbe diventarlo in futuro.
Il destino di due sorelle
Chi l’avrebbe mai detto che la prima scena d’azione con un drago della stagione avrebbe avuto come protagonista un personaggio secondario come Baela, una delle figlie di Daemon e Laena Velaryon. La vediamo perlustrare con il suo drago Danzatore di Luna i cieli delle Terre della Corona e scorgere ser Criston Cole e il suo convoglio: l’inseguimento è mozzafiato e riesce a raccontare per immagini il pericolo di una guerra con i draghi coinvolti, oltre che caratterizzare i personaggi: da Baela che nonostante l’età e le dimensioni del suo drago è determinata a mettersi alla prova a ser Criston Cole e Gwayne Hightower, che probabilmente diventeranno grandi amici dopo aver condiviso questa esperienza di quasi morte (o forse no). Di contro la missione della seconda figlia di Daemon, Rhaena, è tutt’altro che valorosa, ma non per questo meno importante. Unica della famiglia ad essere sprovvista di un drago, la ragazza viene inviata da Rhaenyra a Pentos per accompagnare e proteggere i figli più piccoli della principessa, oltre che per preservare le ultime preziosissime uova di drago rimaste alla Roccia del Drago. A questo punto sorge un dubbio, o meglio una domanda: che siano quelle le uova che Daenerys riceverà in dono duecento anni dopo proprio a Pentos in occasione del suo matrimonio con Khal Drogo? A voi le speculazioni.
Harrenhal
L’enorme castello una volta appartenuto ad Harren il Nero ma poi bruciato dalla furia di Balerion durante la guerra di conquista di Aegon I è al centro dei discorsi di entrambe le fazioni. Nonostante il suo stato semidistrutto, Harrenhal rimane infatti il luogo perfetto per riunire un grosso esercito, vista la sua posizione strategica. Il primo ad arrivarci è Daemon, che lo conquista senza troppa resistenza da parte del suo castellano, ser Simon Strong, prozio dell’attuale lord del maniero Larys Strong. Lo scambio tra Matt Smith (che sembra destinato a dover interpretare ruoli da principe consorte contrariato) e l’attore Simon Russell Beale ha finalmente quella giusta dose di umorismo che un po’ manca ad House of the Dragon e che invece era così tipica di Game of Thrones.
Ma Harrenhal è anche un luogo misterioso e tetro, comunemente ritenuto maledetto a causa delle numerose tragedie che vi si sono verificate. In una trama perlopiù politica, Harrenhal è il luogo della magia e del misticismo, incarnati da una ragazza dai capelli neri di nome Alys Rivers, una strega forse, causa delle visioni di Daemon. Per l’uomo è arrivato il momento di fare i conti con il proprio passato (inaspettato e sorprendente il ritorno di Milly Alcock nel ruolo della giovane Rhaenyra), con sé stesso e con le proprie paure. Per un personaggio che nella prima stagione affermava “non sono i sogni ad averci reso re, i draghi lo hanno fatto”, è affascinante vederlo confrontarsi proprio con ciò che tanto disprezza. Se queste sono le premesse, per Daemon si prefigura un resto di stagione davvero molto interessante.
Come vecchie amiche
Il libro "Fuoco e Sangue" non è un romanzo, ma un resoconto sulla storia dei Targaryen, scritto postumo dalla prospettiva di Maestri della Cittadella che devono avvalersi di testimonianze indirette, resoconti contrastanti tra loro e citazioni parafrasate. Come ogni storia che viene redatta, si conoscono i grandi eventi, ma non le intenzioni dei protagonisti. Avendo una traccia più o meno definita è interessate come gli autori scelgano di essere creativi e aggiungere colpi di scena in tutti quei momenti che nel libro ruotano attorno a malintesi o a cose non dette tra i personaggi. Aggiungendo sfumature e creando dialoghi e situazioni che nel libro sono solo suggeriti si riesce così ad essere originali pur restando fedeli. Per questo motivo la scena dell’incontro tra Alicent e Rhaenryra è particolarmente struggente, non solo perché non esiste nel libro, ma soprattutto perché è coerente con il percorso di queste due donne. È una scena molto tenera, a tratti comica, con l’imbarazzo di due amiche che si rivedono dopo tanto tempo e che pur essendo invischiate in qualcosa di più grande di loro, vorrebbero solo poter tornare a parlare come facevano un tempo. Olivia Cooke e Emma D’Arcy riescono senza sforzo nell’impresa di riportarci indietro nel tempo alla prima stagione, tra sguardi imbarazzati e silenzi tesi che sottintendono mille parole.
È qui che (ri)scopriamo il vero villain della storia, quel patriarcato e tutto ciò che ne consegue e poco male se può sembrare uno slogan femminista. Nel libro la rivalità fra le due viene descritta in maniera banale e superficiale, con entrambe che sono mosse solo dal desiderio di essere “la Lady del Regno”: la storia è infatti narrata da uomini che il più delle volte le descrivono come isteriche o invidiose, attribuendo a questo astio la nascita del conflitto. La serie invece ribalta completamente questa lettura, scegliendo invece di raccontare la tragica storia di due ragazze che da amiche (o forse qualcosa di più), diventano rivali per colpa degli uomini che le circondano, che siano padri, mariti, zii, figli, amanti o lord.
Lungo tutta la serie è chiaro che al centro del conflitto ci siano due donne alle prese con il costante desiderio di compiacere e onorare i desideri di coloro che le circondano, con il dolore per le perdite subite l’una per mano dell’altra ma soprattutto con la tendenza bellicosa dei loro consiglieri che desiderano la guerra ed il potere. Parte della tragicità della Danza dei Draghi sta proprio nel numero enorme di malintesi tra i personaggi, ed Alicent e Rhaenyra sono al centro di questo groviglio di cause ed effetti, artefici e vittime allo stesso tempo di una profezia inevitabile che si autoadempie, quella che se una di loro vince l’altra dovrà per forza perdere.
Ritmo finalmente giusto
Dopo due episodi densissimi di eventi, questo terzo arriva con un ritmo diverso, più fluido e meno affrettato, come se lo show avesse finalmente raggiunto il suo vero punto di inizio. La storia di House of the Dragon non è infatti partita con la prima stagione, non realmente, dal momento che una larga parte di narrazione è stata presentata come un lunghissimo prologo, una preparazione per arrivare alla vera storia che si voleva raccontare. Se fino ad ora abbiamo avuto tanta trama ma poco coinvolgimento emotivo a causa della struttura narrativa della prima stagione che ancora faceva sentire i suoi effetti, adesso finalmente sperimentiamo il contrario, ovvero eventi (le visioni di Daemon o l’incontro Alicent/Rhaenyra) che colpiscono maggiormente lo spettatore proprio grazie a quella struttura fatta di recasting e salti temporali. Il terzo episodio apre un nuovo capitolo, più introspettivo, teatrale nei dialoghi, con sì azione e colpi di scena, ma libero dal fardello di dover mettere troppa carne al fuoco il più velocemente possibile, rischiando così di farla bruciare.
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