House of the Dragon 2x02, “Rhaenyra la Crudele”: la recensione

House of the Dragon 2 continua la sua corsa con un altro episodio pieno di eventi e dal ritmo fin troppo accelerato

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Spoiler Alert

La nostra recensione del secondo episodio della seconda stagione di House of the Dragon, dal titolo “Rhaenyra la Crudele”, disponibile da oggi in esclusiva su Sky e in streaming su NOW.

Intrighi, duelli e morti scioccanti: tutto questo nel secondo episodio della seconda stagione di House of the Dragon, da oggi disponibile in esclusiva su Sky e in streaming solo su Now e, per la prima volta, fin da subito anche con doppiaggio in italiano. Qui di seguito la nostra recensione, ovviamente spoiler. 

Il dolore della Corona

«La Danza dei Draghi entra in una nuova fase ora che entrambe le fazioni si sono inferte colpi mortali a vicenda. Per i Neri e i Verdi in egual misura sangue chiamava sangue». (Fuoco e Sangue – Edizione Illustrata, p. 409) 

La vicenda di Sangue e Formaggio è un punto di non ritorno nella Danza dei Draghi, la conferma che d’ora in avanti sarà solo un massacro dopo l’altro. Se la morte di Lucerys è il primo passo di danza, la morte di Jaehaerys è la prima figura, la prima piroetta, e se il primo episodio della stagione affrontava le conseguenze della morte del principe Velaryon, il secondo fa lo stesso con quelle del principe Targaryen.

In questo senso i due episodi possono essere considerati gemelli nei temi, ma non nella resa emotiva. Fino a questo momento la serie, nonostante abbia reso molto più complessa e sfaccettata rispetto ai libri la rivalità fra le due fazioni, ha però reso molto più facile parteggiare per i Neri rispetto ai Verdi. La vicenda di Sangue e Formaggio è uno dei momenti più scioccanti della storia, un evento che avrebbe dovuto rimescolare le carte in tavola per lo spettatore. Invece la struttura narrativa e i salti temporali utilizzati nella prima stagione continuano a tormentare la serie, nonostante lo sforzo di rendere alcuni personaggi, come Helaena, più centrali. Un evento così sconvolgente e focale meritava più spazio per respirare e una maggiore drammatizzazione, soprattutto per come esso impatta i protagonisti. 

Le Nozze Rosse de La Danza dei Draghi erano uno degli eventi più attesi dai lettori, che si sono ritrovati delusi da una messa in scena e da una risoluzione purtroppo non paragonabili a ciò che abbiamo visto più di dieci anni fa. Va bene costruire la narrazione intorno ai grandi eventi, ma più spesso sono le conseguenze di questi eventi la parte più interessante di una storia. In questo secondo episodio invece il ritmo è fin troppo accelerato, le azioni si susseguono senza sosta e non danno il tempo allo spettatore di far sedimentare ciò che ha visto, lasciandolo con uno stato d’animo piuttosto neutro. Per fortuna ci pensano gli attori a restituire profondità e sfumature ai personaggi, da Olivia Cooke a Rhys Ifans, ma soprattutto Tom Glynn-Carney e Phia Saban che interpretano rispettivamente re Aegon e la regina Helaena (il primo in particolare è la vera scoperta della stagione). Ciò che però lo show fa bene da sempre è il modo in cui affronta la misoginia intrinseca di questo universo, dove il dolore delle donne e delle madri può essere sfruttato politicamente ed esposto pubblicamente, mentre quello del re deve essere nascosto, protetto da occhi indiscreti affinché non ne vedano la debolezza.

Conflitti interni 

Nel nostro articolo su cosa aspettarci da questa seconda stagione abbiamo parlato di come il punto focale della storia non sia solo la guerra civile tra due fazioni della stessa famiglia, ma anche il conflitto interno ad ogni fazione. Ed è quello a cui assistiamo tra Daemon e Rhaenyra, che in questo episodio sembrano arrivare ad un punto di rottura, con l’uomo che è sempre più il diavolo sulla spalla della donna, non un alleato ma un nemico intestino (la scena in cui lui assiste alla discussione del Concilio sapendo di essere il responsabile dell’assassinio è impagabile).

La loro relazione aveva già preso una piega tutt’altro che idilliaca nel finale della prima stagione, ma ora le crepe del loro rapporto, affascinante ma assolutamente problematico e sbilanciato, di marito e moglie, ma anche di zio e nipote, sono innegabili. La regina non si fida più del marito, mentre quest’ultimo continua a vederla solo come uno strumento per la propria autoaffermazione. Quando i due si affrontano risulta chiaro che Daemon non è disposto a scusarsi, ma che soprattutto il suo gesto ha poco a che fare con il soddisfare il desiderio di vendetta di Rhaenyra, ma piuttosto con l’affermare la propria autorità ed il proprio potere. Rhaenyra ora è finalmente pronta a vedere la realtà che ha davanti, quella di aver sposato un uomo che probabilmente l’ama ma che allo stesso tempo la vede sempre e solo come un surrogato di ciò che crede di meritare. Nella scena del loro confronto Matt Smith ed Emma D’Arcy sono assolutamente elettrici nelle loro interpretazioni, dominando lo schermo ad ogni parola o sguardo e la loro separazione sarà senza dubbio dolorosa per lo spettatore, che non potrà più godere delle loro incredibili performance. 

Dignità vs. vendetta

«I troni si conquistano con le spade, non con le penne d’oca. Voglio fiumi di sangue non d’inchiostro». (Fuoco e Sangue – Edizione illustrata, p. 410)

Il conflitto non è solo in casa Neri, ma anche in casa Verdi: spinto dal suo desiderio di vendetta e consigliato (o meglio manipolato) da Larys Strong (che come Peter Baelish prospera nel caos e nel dubbio), re Aegon decide di licenziare Otto Hightower, un personaggio da molti considerato come una sorta di Tywin Lannister, ma in realtà molto più cauto e compassionevole (anche grazie alla magnifica interpretazione di Rhys Ifans) e di nominare Primo Cavaliere del Re il Comandante ser Criston Cole, detto anche Criston il Creatore di Re, a differenza impulsivo e per  nulla lungimirante. La decisione avrà conseguenze nel futuro ma anche nell’immediato, considerato il rapporto che l’uomo ha con la regina vedova Alicent. Anche se per motivi diversi, l’allontanamento di Otto e Daemon crea un parallelismo tra i due personaggi, entrambi consiglieri non ascoltati dalle orecchie dei loro sovrani, e che cercano di raggiungere il potere attraverso vie secondarie. 

Ciò che colpisce inoltre dei Verdi e la totale incapacità di comunicare tra loro (a differenza dei Neri) e di affrontare il dolore e il senso di colpa: da Aegon che non riesce a stare vicino alla moglie-sorella Helaena ad Alicent che non sa come consolare suo figlio e che anzi preferisce scagliarsi contro ser Criston che a sua volta inveisce contro la guardia reale ser Arryk. In questo episodio inoltre sentiamo per la prima volta il nome di Daeron Targaryen, quartogenito di Viserys e Alicent, fino ad ora assente dalla storia e di stanza a Vecchia Città, la casa della famiglia Hightower. 

Nuovi giocatori 

Intanto alla Roccia del Drago abbiamo una piccola ma significativa scena tra Jacaerys e Baela, due personaggi che promettono di essere molto più centrali in questa stagione e che grazie al talento dei giovani interpreti hanno tutte le carte in regola per diventare i nuovi beniamini del pubblico. Anche lo sguardo su Aemond Targaryen è interessante, e in questo episodio intravediamo un lato più profondo del personaggio, insicuro ed impaurito da ciò che è capace di fare, desideroso di essere accudito da una prostituta come da una madre, forse quella che non ha mai avuto. In generale il modo in cui House of the Dragon si approccia alle scene di sesso è molto meno gratuito rispetto al passato della saga, dal momento che tutti i momenti di intimità visti fino ad ora servono più che altro a raccontare qualcosa dei personaggi, dalle insicurezze alla complicità fino al desiderio di evadere dal proprio senso di colpa. 

Veniamo anche introdotti a nuovi personaggi che giocheranno un ruolo cruciale nel prossimo futuro, come il fabbro Hugh Hammer e i fratelli Addam e Alyn Hull. Insomma, i giocatori sono tanti, sia fuori che dentro la famiglia Targaryen e tenerne traccia piò essere complicato, ma un’introduzione lenta e centellinata è comunque preferibile a ciò che abbiamo visto invece nella prima stagione, tra salti temporali e cambi di cast che rendevano faticosa la comprensione della storia e dei suoi protagonisti. 

Draghi contro draghi, fratelli contro fratelli 

«I menestrelli cantano che ser Erryk disse “ti voglio bene fratello” mentre sguainava la spada e che ser Arryk replicò “anche io fratello” mentre sfoderava la sua. […] Alla fine ser Arryk e ser Erryk si inflissero reciprocamente ferite mortali, e morirono l’uno nelle braccia dell’altro, i volti rigati di lacrime». (Fuoco e Sangue – Edizione Illustrata, p. 414) 

Abbiamo detto che sangue chiama sangue e l’episodio si conclude con uno dei momenti più struggenti della Danza dei Draghi, la duplice e tragica morte dei gemelli Erryk e Arryk. Inviato alla Roccia del Drago da ser Criston Cole per impersonare suo fratello gemello e uccidere Rhaenyra, ser Arryk finisce invece per affrontare in un duello terribile e doloroso proprio suo fratello: il combattimento tra i due (detto “Cargyllbowl”) è cruento e ben coreografato, con un montaggio che riesce a restituire perfettamente la confusione nel distinguere chi sia chi (plauso alla performance dei gemelli Elliott e Luke Tittensor). 

Peccato che anche qui, come per l’evento cruciale dello scorso episodio, il ritmo è affrettato, soprattutto nella risoluzione finale. Il dolore per un fratricidio avrebbe meritato il nero dei titoli di coda, ed invece, per la fretta di far accadere più cose possibili, immediatamente si passa alla scena successiva. Ancora una volta il ritmo troppo spedito impedisce una piena drammatizzazione degli eventi e il loro impatto sui personaggi e sullo spettatore. 

Ritmo accelerato 

I primi due episodi della stagione si caratterizzano entrambi per un andamento sorprendentemente rapido, come se gli sceneggiatori stiano correndo verso un traguardo, come se volessero far capitare più cose possibili così da poter iniziare la guerra fatta di azione e combattimenti. Ma la Danza dei Draghi è soprattutto intrigo e approfondimento psicologico e Game of Thrones ci ha insegnato che sono questi i momenti migliori, quelli in cui apparentemente non succede nulla, ma che invece permettono alla storia e ai personaggi di evolversi e respirare. Forse gli eventi mostrati fino ad ora avrebbero meritato maggiore minutaggio e ciò sorprende soprattutto in vista di una stagione più breve. 

Secondo gli showrunners inizialmente era prevista una stagione da dieci episodi, ma la sceneggiatura è stata poi ridotta per permettere una maggiore compattezza della storia. La sensazione è che invece si stia ripetendo lo stesso errore della prima stagione, dove la necessità di far iniziare la Danza aveva portato ad un appiattimento narrativo ed emotivo generale. Speriamo che si tratti solo di una sensazione iniziale, e che la stagione, nonostante i soli otto episodi, rallenti la sua corsa.

Vi ricordiamo che House of the Dragon è distribuita settimanalmente su Sky e in streaming solo su NOW. E voi avete visto l’episodio? Commentate se avete un abbonamento a BadTaste+!  

Potete trovare tutte le informazioni e le curiosità sulla serie nella nostra scheda

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