Recensione - Hotline Miami 2: Wrong Number

Efferati omicidi e psicopatici a piede libero: abbiamo recensito per voi Hotline Miami 2: Wrong Number

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Il sorriso compiaciuto e lo sguardo sadicamente divertito, che vi si stamperanno involontariamente sul volto dopo l’ennesima carneficina perpetrata in qualche quartiere malfamato della Miami dei primi Anni 90, a discapito di quanto sostenuto dalla deriva più bigotta e gretta della stampa generalista, non sono il prologo di un’inevitabile trasformazione in folli omicidi. Di certo, Hotline Miami 2: Wrong Number, esattamente come l’illustre predecessore, scava nella materia istintuale dell’essere umano per dissotterrarne subconscia brutalità e cronica violenza.

L’intento non è ovviamente fine a sé stesso. Il plot, criptico e allegorico come (ormai) da tradizione, si alimenta delle perverse pulsioni di un pungo di menti deviate che, a suon di sanguinolenti e selvaggi assassinii, raccorderanno, seppur solo tenuamente, diversi archi narrativi che si spostano liberamente nel tempo e nello spazio. C’è un po’ di tutto: gli Anni 80, il Vietnam, naturalmente Miami, ancora una volta capitale di microcriminalità dedita allo spaccio e mafie di respiro internazionale. Anche il roster dei personaggi controllabili non si fa mancare nulla: c’è un regista che mescola realtà e finzione; un detective che combatte il crimine con mezzi discutibili; uno spiantato scrittore a caccia dello scoop; un quartetto di vigilantes che per rendere omaggio al comune eroe (il protagonista del primo episodio) indossano maschere e interpretano a modo loro il ruolo di giustizieri senza macchia, né timori.

[caption id="attachment_140736" align="aligncenter" width="580"]Hotline Miami 2: Wrong Number screenshot 1 Hotline Miami 2: Wrong Number - screenshot[/caption]

Sono naturalmente storie condannate a concludersi tragicamente, che tramite la messa a nudo degli eccessi, finendo per ridicolizzare la cieca ossessione per il sangue degli archetipi messi in scena, hanno come unico, reale, scopo quello di esorcizzare la violenza che pervade la nostra società massificata e costretta a ingurgitarne, suo malgrado, quantitativi da overdose.

Eppure, durante le fasi di gioco le sensazioni sono ben diverse. Se al termine dell’avventura si percepisce distintamente una certa nausea per i crimini commessi, nonostante in certe situazioni la sceneggiatura ecceda, con fin troppa autocompiacenza, nel misticismo e corra l’effettivo rischio di caricarsi di fin troppi significati simbolici, pad (o mouse e tastiera) alla mano si ha la netta sensazione che si potrebbe andare avanti tutto il giorno a sbudellare interiora e fracassare crani.

Da questo punto di vista, in termini di puro gameplay, Hotline Miami 2: Wrong Number è estremamente conservatore: le novità rispetto al passato sono pochissime. A partire da una visuale dall’alto, si tratterà di eliminare qualsiasi oppositore all’interno di scenari al chiuso o all’aperto, sfruttando armi e oggetti reperiti in loco. Ritmo, velocità di spostamento e caricamenti fulminei suggeriscono un approccio pienamente action, al limite della cieca frenesia. Farsi prendere la mano, entrare a testa bassa di stanza in stanza facendo valere il proprio arsenale e la prontezza di riflessi, ha i suoi indiscutibili vantaggi e in alcuni casi si rivela persino una strategia vincente. L’effetto è tuttavia illusorio: basta una coltellata, un paio di proiettili vaganti e bisogna ricominciare tutto da capo. Si finisce dunque per combattere l’istinto, la contagiosa follia omicida tanto anellata dai protagonisti della vicenda, per, quantomeno, bilanciare le sfuriate con momenti in cui le azioni vanno attentamente e minuziosamente calcolate. Pistole e shotgun sono ideali per sbarazzarsi dei nemici dalla distanza, ma a corto raggio possono essere d’impiccio. Mazze da baseball e coltelli sono l’ideale per eliminare senza attirare l’attenzione, ma farsi individuare significa morte certa. Rifugiarsi dietro le porte è un ottima tattica per stordire i malcapitati che ci passano di fronte, ma basta passare di fronte a un muro a vetri per essere impallinati da distanza siderale.

[caption id="attachment_140737" align="aligncenter" width="580"]Hotline Miami 2: Wrong Number screenshot 2 Hotline Miami 2: Wrong Number - screenshot[/caption]

Hotline Miami 2: Wrong Number, rispetto al predecessore, punta lievemente di più sull’utilizzo delle armi da fuoco, proponendo una lunga serie di ambientazioni ampie in cui è difficile nascondersi. Una lieve virata che indispettirà chi adorava nascondersi dietro gli angoli e attendere le proprie prede, ma che non modifica eccessivamente il feeling del brand. D’altro canto la scelta di limitare enormemente i livelli in cui è possibile scegliere la maschera da indossare, costringendo forzatamente l’utente nei panni del personaggio di turno, riduce drasticamente le strategie attuabili di volta in volta. In questo senso è comunque apprezzabile la scelta di caratterizzare più spiccatamente determinati stage rispetto ad altri: in alcuni dovrete forzatamente usare fucili da cecchino, vestirete i panni di uno scrittore poco incline alla violenza estrema, controllare una coppia di vigilantes che, muovendosi in simbiosi, possono alternare attacchi ravvicinati con quelli dalla distanza. Più che di vere novità, insomma, il gameplay di questo sequel vive di minuscoli correttivi, individuabili soprattutto in un sistema di controllo maggiormente preciso e reattivo, quando non di tenui cambi di rotta: come nel level design, ora più incline a disegnare ampie arene.

L’adesione alla tradizione trova conferma anche nello stilississimo comparto grafico-sonoro. Hotline Miami 2: Wrong Number è un elogio alla pixel-art, alla musica elettronica, alla filmografia di Nicolas Winding Refn. Echi del meraviglioso Drive sono facilmente ravvisabili in una colonna sonora tutta New Retrowave, che vive di una trentina di (splendidi) brani composti da artisti del calibro dei Mega Drive e Magic Sword. La trilogia di Pusher, che ha visto all’opera un ancora sconosciuto Mads Mikkelsen, si riverbera nelle squallide palazzine e nelle rimesse in cui è ambientata buona parte dell’avventura. I colori accesi, acidi, e la deriva “spirituale” del plot ricorda alcune sequenze di Solo Dio Perdona. Un art design ispiratissimo dunque, che acutizzerà a dismisura la voglia di proseguire nella carneficina senza sosta.

Non bisogna avere timori nel definire Hotline Miami 2: Wrong Number un “more of the same”, un’espansione del prequel, perché è esattamente questo. Le innovazioni sono troppe poche per cercare una frattura con il passato che non c’è e non vuole esserci. Ciò è un male solo nella misura in cui non aveste apprezzato la formula in passato. Al contrario, se l’opera prima di Dennaton Games vi ha estasiato e ammaliato, non dovete fare altro che concedervi un secondo giro: il lontano spettro di una serializzazione è ravvisabile solo in alcuni livelli eccessivamente action. Per il resto, Hotline Miami 2: Wrong Number è puro stile, gameplay, videoludica e catartica violenza in formato pixel.

[caption id="attachment_140738" align="aligncenter" width="580"]Hotline Miami 2: Wrong Number screenshot 3 Hotline Miami 2: Wrong Number - screenshot[/caption]

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