Hotel Transylvania: Uno scambio mostruoso, la recensione

La saga di Hotel Transylvania continua a fingere di parlare ai bambini per proporsi come cronaca del passaggio del tempo per i genitori

Critico e giornalista cinematografico


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Recensione di Hotel Transylvania: Uno scambio mostruoso, disponibile dal 14 gennaio 2022 su Prime Video

I franchise moderni, quando procedono avanti nel tempo (cioè quando non sono prequel) funzionano per accumulo di gruppi che somigliano a famiglie. Un accumulo che prevede che i villain, finito il film, siano fatti entrare nella famiglia per arricchirla. Il modello aureo (per quanto non il primo a farlo) è Fast & Furious e Hotel Transylvania non funziona troppo diversamente: ogni capitolo introduce nuovi personaggi siano o no villain, così che quello successivo tenga conto della famiglia allargata. Tutta l’introduzione di questo quarto film della serie serve a ri-presentare i personaggi, introdurne la presenza o anche solo confermarne l’esistenza (alcuni non avranno nessuna economia nel film). La creazione di una mitologia ampia passa anche da qui, volontariamente o meno, da una squadra di personaggi.

Non che questo quarto Hotel Transylvania faccia granché per sfruttarli però. Più degli altri questo film si concentra sul nucleo fondamentale, sul trio formato dal Conte Dracula, sua figlia e il marito della figlia. Erano gli elementi del primo (che raccontava l’ingresso di un umano nel mondo dei mostri, per amore di un’adolescente che non rispetta le regole) e tornano qui con il trucco dello scambio, non è più Jonathan l’intruso ma il Conte perché un oggetto magico rende mostro il primo e umano il secondo. L’avventura sarà il viaggio alla ricerca di un altro oggetto simile che riporti tutto com’era. Il metaforone è l’accettazione dell’altro e delle sue diversità. Come nel primo. Una replica.

In un senso più profondo però tutta la serie ha come tema il tempo che passa. Ogni capitolo è ambientato al momento in cui il Conte si trova di fronte all’inevitabile segno del passaggio del tempo e all’accettazione che tutto debba evolversi. La prima volta era il primo fidanzato della figlia, la seconda sono i figli della figlia (e la possibilità che lei se ne vada e lasci il nido paterno), la terza volta è in crociera, di fronte all’idea di stare invecchiando ma poter ancora avere qualcuno accanto e adesso addirittura è la pensione. A scatenare l’intreccio è infatti il fatto che il Conte sia reticente a lasciare il suo hotel alla figlia e al genero umano.
Che è interessante visto come il Conte Dracula sia in realtà una figura a cui è abbinato l’opposto di tutto ciò: l’eternità. Soprattutto è interessante perché diversi franchise seguono la crescita del loro pubblico, questo sembra seguire l’invecchiamento dei genitori del proprio pubblico.

Il problema vero però è che non c’è più Genndy Tartakovsky al timone, vero genio capace di rendere un cartone nato con premesse non proprio eccezionali un delirio appassionato di forme, movimenti rapidi e linee sinuose che si scontrano con quelle spigolose (il terzo in questo era pazzesco anche per i nuovi personaggi che introduceva). Certo rimane l’umorismo quasi solo slapstick, che è il vero marchio della serie di film Hotel Transylvania, unici nel panorama dell’animazione per il cinema a rincorrervi, e che lo lega tantissimo all’animazione televisiva. Rimane insomma la passione per i movimenti che danno personalità ai personaggi e alle scene ma manca il salto di qualità e di follia in un cartone che proprio su quello punta tutto.

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