Hors-saison, la recensione | Festival di Venezia
Hors-saison è una classica storia di amanti ritrovati ma che più profondamente racconta la sottile e struggente differenza tra lo stare bene e l’essere felici e la difficoltà di prendersi pienamente le responsabilità delle proprie scelte.
La recensione di Hors-saison, presentato in Concorso al Festival di Venezia 2023
Il protagonista è Laurent (Guillaume Canet), un attore di cinema in profonda crisi esistenziale e lavorativa che a quattro settimane dalla prima ha abbandonato la produzione del suo primo spettacolo teatrale. Per tentare di risanare la sua angoscia, Laurent si reca quindi in un lussuoso hotel-spa sulla costa francese: un luogo altrettanto malinconico, di evidente inutilità terapeutica ma che si rivelerà fatale quando proprio in quella località Laurent ritroverà Alice (Alba Rohrwacher), un grande amore passato a cui non ha mai saputo chiedere scusa.
Da quel momento il film diventa totalmente serio nel modo in cui guarda i personaggi, ma riesce parimenti a fare una cosa difficilissima: raccontare con una sintesi e una chiarezza estrema (senza parole, semplicemente per come mostra Laurent e Alice, da soli e insieme) la tristezza che porta il rimuginare sul passato, il rivangare con ingenuità quei “se” che, portati alla luce nel presente, sembrano meravigliosi solamente perché idealizzati. Ecco allora che il film diventa una meravigliosa riflessione sulla fatica e la maturità che richiede l’essere realisti, l’essere emotivamente onesti con sé stessi e con l’altro.
La storia di Laurent e Alice è una storia commovente perché racconta benissimo quanto sia difficile, ma necessario per sopravvivere, accettare che niente è per sempre. Se si insiste, si rischia di rovinare tutto. È una consapevolezza che fa paura, e che Hors-saison affronta senza l’insistenza di un sentimentalismo spinto, ma con una delicatezza rara.