Hopeless, la recensione

La recensione di Hopeless, gangster movie e storia di formazione diretta dal regista esordiente Kim Chang-hoon e presentato a Cannes 76.

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La recensione di Hopeless, film di Kim Chang-hoon presentato a Cannes 76

Hopeless inizia come il coming-of-age di un ragazzo inquieto. Yeon-gyu (Xa-Bin Hong) ha 17 anni e a scuola non ci vuole stare: basta la prima scena per farci capire che lui ha sempre parlato il linguaggio della violenza, è il suo modo di comunicare. Pur di portare via la madre da quella provincia cittadina dove è impossibile sognare (e lui sogna l’Europa), Yeon-gyu farebbe di tutto, anche entrare lui stesso nel losco giro nel crimine organizzato. Tra le fila di ladri di motorini, ricattatori e assassini, Yeon-gyu con la sua incoscienza da ragazzo ne verrà al contempo affascinato e spaventato, mettendo sempre più in luce quel “talento naturale” che sarà anche la sua croce.

In un crescendo narrativo duro, tagliente e sempre concentrato sul suo obiettivo, il regista esordiente Kim Chang-hoon racconta con una passione viscerale e un occhio decisamente maturo l’ascesa criminale del suo personaggio. Hopeless è un gangster movie che sembra girato da un regista rodato: sa tenere altissima l’azione, creare conflitti e approfondimenti senza mai dimenticarsi che alla base di tutto c’è un racconto di formazione, e quindi una tenerezza e un’ingenuità di cui Kim Chang-hoon, anche sceneggiatore (finissimo), tiene sempre conto.

Alternando infatti senza fermarsi mai momenti di intimismo tra - e dentro - scena di violenza dove il sangue e il dolore si vedono fino in fondo (con quell’inventiva del miglior crime coreano: quanti modi ci possono essere di fare e farsi male? Infiniti), Hopeless guarda in faccia il lato umano del crimine. Il rischio è a tratti quello di romanticizzarlo un po’, eppure Kim Chang-hoon sa benissimo quello che sta facendo e a fine corsa capiamo il perché di ogni singola scelta narrativa, nessuna delle quali viene mai fatta cadere nel vuoto.

Il crime diventa in Hopeless un’occasione per parlare di problemi generazionali, una forma stilistica e narrativa che si porta avanti secondo tutte le regole del genere, non un esercizio di stile fine a sé stesso. La storia e i conflitti di Yeon-gyu sono l’emblema non solo della sua generazione ma anche di quelle precedenti, le quali sono invece riassunte nella figura del suo capo-mentore Chi-geon (Song Joong-ki) - un personaggio sfaccettato e complesso, vittima di adulti che lo hanno segnato proprio come hanno fatto i padri (quello vero e il patrigno) di Yeon-gyu.

Hopeless è quindi una storia di uomini, di padri e di ragazzi che sono solo apparentemente sicuri di quello che stanno facendo e che invece non fanno altro che reiterare l’errore, la disillusione, la disperazione di una porzione di mondo che è qui la Corea ma potrebbe essere qualsiasi provincia. L’unica speranza è quella di riuscire a toccare il fondo per poi risalire.

Siete d’accordo con la nostra recensione di Hopeless? Scrivetelo nei commenti!

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