Hopeless, la recensione
La recensione di Hopeless, gangster movie e storia di formazione diretta dal regista esordiente Kim Chang-hoon e presentato a Cannes 76.
La recensione di Hopeless, film di Kim Chang-hoon presentato a Cannes 76
In un crescendo narrativo duro, tagliente e sempre concentrato sul suo obiettivo, il regista esordiente Kim Chang-hoon racconta con una passione viscerale e un occhio decisamente maturo l’ascesa criminale del suo personaggio. Hopeless è un gangster movie che sembra girato da un regista rodato: sa tenere altissima l’azione, creare conflitti e approfondimenti senza mai dimenticarsi che alla base di tutto c’è un racconto di formazione, e quindi una tenerezza e un’ingenuità di cui Kim Chang-hoon, anche sceneggiatore (finissimo), tiene sempre conto.
Il crime diventa in Hopeless un’occasione per parlare di problemi generazionali, una forma stilistica e narrativa che si porta avanti secondo tutte le regole del genere, non un esercizio di stile fine a sé stesso. La storia e i conflitti di Yeon-gyu sono l’emblema non solo della sua generazione ma anche di quelle precedenti, le quali sono invece riassunte nella figura del suo capo-mentore Chi-geon (Song Joong-ki) - un personaggio sfaccettato e complesso, vittima di adulti che lo hanno segnato proprio come hanno fatto i padri (quello vero e il patrigno) di Yeon-gyu.
Hopeless è quindi una storia di uomini, di padri e di ragazzi che sono solo apparentemente sicuri di quello che stanno facendo e che invece non fanno altro che reiterare l’errore, la disillusione, la disperazione di una porzione di mondo che è qui la Corea ma potrebbe essere qualsiasi provincia. L’unica speranza è quella di riuscire a toccare il fondo per poi risalire.
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