Homeland 8x08 "Threnody(s)": la recensione
In un episodio sconvolgente di Homeland la situazione internazionale rischia di precipitare definitivamente: recensione 8x08
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Il termine Threnody che dà il titolo all'ottavo episodio stagionale di Homeland si riferisce ad un canto funebre. Ma qui viene anche specificato che il canto è al plurale, e così sarà. Tra le altre cose, Homeland è anche una serie che parla di vittime, della guerra, della manipolazione, della politica, e l'episodio mette al centro la morte di due vittime della situazione. Nel fare questo, il maldestro equilibrio internazionale delle scorse puntate crolla del tutto, e il mondo precipita in una spirale di caos ancora maggiore e più belligerante rispetto all'inizio della stagione. Cosa possono fare Saul e Carrie di fronte a tutto questo?
Trova quindi gioco facile John Zabel, suo consigliere ma non certo la voce della ragione. È lui a dire apertamente al presidente di non muoversi per salvare Max, ed è lui a portare alla sua attenzione la rivendicazione degli attacchi da parte del figlio di Haqqani. Da un discorso riflessivo e pacato si passa quindi ad un ultimatum al Pakistan, con il rischio di trasformare la zona di confine in una polveriera, o peggio. Dall'altra parte, il figlio di Haqqani riprende il controllo degli uomini, reclamando un attacco che non ha commesso, ma ottenendo il risultato di riscaldare gli animi. La pace non è più un'opzione.