Homeland 8x05 "Chalk Two Down": la recensione

Fin dal titolo, che ricorda quello del precedente episodio, Chalk Two Down è il compendio necessario alla precedente puntata di Homeland

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Spoiler Alert
Homeland 8x05 "Chalk Two Down": la recensione

Fin dal titolo, che ricorda quello del precedente episodio, Chalk Two Down è il compendio necessario e atteso alla precedente puntata. Tutto si sviluppa legandosi bene al clima di tensione generato dall'abbattimento, finora presunto, dell'elicottero sul quale viaggiavano il presidente degli Stati Uniti e quello dell'Afghanista. Per quarantacinque minuti, che corrispondono quasi al tempo della stessa storia, i personaggi cercano di capire in remoto cosa è accaduto, e l'episodio ne racconta le diverse reazioni.

C'è chi cerca di approfittarsi della situazione, c'è chi fugge, c'è chi vorrebbe intervenire ma viene messo a tacere. In quest'ultimo elenco ricade senza dubbio Saul, che era stato l'artefice principale della pace stipulata con i talebani di Haqqani. Nessuno gli crederà, nessuno sarà più disposto a dargli la parola. Lui stesso lo sa, e non prova nemmeno più di tanto a imporsi. Piuttosto corre ai ripari e avverte Haqqani del pericolo, invitandolo a fuggire lontano prima di essere rintracciato. Se esiste ancora una speranza di pace passa da qui, oltre che dal ritrovamento della scatola nera (che in realtà alla fine è rossa, anche se Max dice che è arancione... è tutto un po' confuso).

L'episodio raccoglie il carico di tensione della scorsa settimana e non lo spreca. Non c'è molto altro da aggiungere, se non che Homeland tiene fede alla sua voglia di giocarsi il tutto per tutto in quest'ultimo giro di giostra in compagnia dei personaggi. Un presidente ucciso, una crisi internazionale, e Carrie nel mezzo a cercare di risolvere la questione. È lei che non ha nessun dubbio su come procedere, che trova il dettaglio sul cambio di elicottero, che si impone su Max ordinandogli di recuperare la scatola nera.

Del tutto opposto a questo sarà l'atteggiamento del neo-presidente Hayes, che praticamente si ritrova a dover ordinare il bombardamento del sito prima che i talebani mettano le mani addosso al cadavere di Warren. Per un presidente che evita le responsabilità, c'è un ministro afghano che prende in mano la situazione, in modo molto sconsiderato non aspetta di conoscere i dettagli e ordina la legge marziale. La situazione precipita e Homeland si mantiene agganciato al treno della tensione: nulla è risolto, tutto è rimandato al futuro.

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