Homeland 8x03 "False Friends": la recensione
Homeland, la serie di Showtime, riesce ancora ad essere rilevante e a ragionare sui suoi classici temi di spionaggio
Dal 2017 sono Web Content Specialist l'area TV del network BAD. Qui sotto trovi i miei contatti social e tutti i miei contenuti per il sito: articoli, recensioni e speciali.
Dopo otto stagioni, Homeland riesce ancora a tirare fuori frasi essenziali come: "Siamo forti solo abbastanza da non perdere, e deboli solo abbastanza da non poter mai vincere". E mette in bocca queste parole al leader del gruppo dei talebani, Haqqani, con cui Saul vuole negoziare una pace complicatissima. Insomma, la serie di Showtime magari mostra un po' la corda, ma riesce ancora ad essere rilevante – magari non in queste settimane così convulse – e a ragionare sui suoi classici temi di spionaggio.
Il cuore dell'episodio però risiede nella cattura di Saul dopo il fallito attentato della scorsa settimana. Haqqani è diffidente e arrabbiato, sa che ogni ostacolo mette a dura prova la ricerca della pace. Qui ancora una volta Homeland non perde tempo, e ci dice subito che il traditore è il figlio del leader, a cui i terroristi hanno promesso un posto di rilievo una volta fatto fuori il padre. Homeland qui costruisce dal nulla un rapporto teso e umano tra un padre e un figlio, che guarda caso appartengono ad un gruppo terroristico. Eppure, per un momento tutto il contorno scompare, ed emerge un sincero coinvolgimento per questa storia, per l'idea di sacrificio che c'è dietro.