Homeland 7x04 "Like Bad at Things": la recensione

La recensione del quarto episodio della settima stagione di Homeland

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Spoiler Alert
Davvero una particolare coincidenza, il fatto che a pochi giorni dalla conclusione della prima stagione di Waco, Homeland citi in mezzo alla puntata proprio quel drammatico evento storico. Lo fa in uno scenario molto simile, con una crisi interna che diventa improvvisamente ingestibile e con i due schieramenti a cercare un compromesso che si allontana di minuto in minuto. Like Bad at Things è, con tutte le sue faciloneria di scrittura, un episodio di rottura in questa fase di ritorno della serie. La fuga di O'Keefe e il lungo assedio si scontrano brutalmente con una forma di comunicazione contemporanea fatta di manipolazione ed esasperazione collettiva. A quel punto il povero Saul, parecchio sfiduciato in chiusura, non può far altro che registrare un crollo che in un modo o nell'altro segnerà la già traballante presidenza della Keane.

Homeland costruisce questa parentesi all'interno della più lunga storyline nell'arco di tutta la puntata. Ne carica la portata in gioco, ne visualizza gli schieramenti, gioca su un'idea di conciliazione appena accarezzata, addirittura evocando scenari in cui gli eventi erano precipitati. Chi comunica qui sa cosa c'è in gioco, sa che le cose potrebbero precipitare. Tutto sembra nella posizione ideale per risolversi al meglio, se non fosse che sfortuna, incompetenza, irresponsabilità si mettono di mezzo. Grilletto facile da una parte, informazioni manipolate dall'altra, il ferimento di un giovane diventa occasione per infuocare ancor di più gli animi delle persone coinvolte.

Ancora una volta Homeland gioca con l'attualità centrifugando tutto il necessario al suo scopo. E chiudiamo un occhio, anche due, di fronte alle modalità sempre molto precise con cui gli eventi si verificano portando a determinate reazioni. O'Keefe era apparso vagamente umano nelle ultime puntate, e quindi ecco che il mostro manipolatore si rifà sotto. Pur comprendendo che l'FBI non ha lasciato morire un giovane in ospedale, preferisce non intervenire e lasciare che un agente catturato venga ucciso a sangue freddo. Sorriso diabolico in chiusura, Saul esaperato come al solito. E si tratta di un evento che necessariamente condizionerà la presidenza della Keane.

I movimenti nascosti di Wellington vengono infatti fuori, e Carrie è lì ad ascoltare la sfuriata della presidente, che vede mancarle il terreno sotto i piedi. Il resto della puntata è dedicato alle indagini di Carrie, un po' meno protagonista rispetto ai due episodi precedenti. La vediamo seguire con successo una pista che ricostruisce gli ultimi movimenti di Simone Martin, evidenziando la traccia di un recente pagamento che la collegherebbe all'omicidio di McClendon. Ci sono le solite schermaglie familiari, sempre meno interessanti in verità, ma qui si tratta di situazioni sullo sfondo, mentre il grosso dell'azione settimanale è quello rappresentato dalla vicenda di Saul.

È un buon episodio tutto sommato questo quarto della stagione di Homeland. Non è entusiasmante né impeccabile come scrittura, ma nel momento di massima tensione della crisi interna ci sentiamo sinceramente coinvolti da ciò che accade. Per il momento il nemico rimane all'interno del paese, anche se è difficile riconoscere il suo aspetto o i suoi obiettivi.

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