Siamo già stati qui.
Homeland è, fondamentalmente, la storia di una donna contro il sistema, di una donna sola contro convinzioni condivise e accettate. Sola, con il suo punto di vista scomodo, spesso difficile se non impossibile da accettare. Quando quella donna, insieme alle sue convinzioni particolari, porta con sé anche un'opinione gravata dal possibile riaffiorare di una malattia mentale, il quadro si complica, per lei e per chi le sta intorno. Non è un caso che, tanto nella opening, quanto in una delle prime scene dell'episodio, intitolato
Rebel Rebel, si faccia cenno al bipolarismo di
Carrie. Ci viene infatti detto che, in certe condizioni, il litio necessario a tenerla sotto controllo potrebbe smettere di funzionare.
È solo il calcio d'inizio di un episodio che non riesce a celare bene la sua natura di riempitivo. Siamo tornati alle atmosfere e alla storia di Homeland la scorsa settimana con un buon avvio, particolarmente apprezzabile proprio per la sua partenza in medias res che si appoggiava alla storia della scorsa stagione. Non che nell'episodio, diretto ancora una volta da Lesli Linka Glatter (ormai una veterana della serie, e in generale delle serie di qualità), non accada nulla di rilevante. Ma più importante qui è la necessità di costruire parentesi più ampie intorno ai personaggi che sono stati reintrodotti la scorsa settimana. Carrie, Saul, Keane, perfino O'Keefe, sorprendentemente più importante di quel che potevamo pensare, sono raccontati con una prospettiva particolare che si sofferma sulle loro decisioni e reazioni.
Tutto l'episodio contiene una parentesi che si esaurisce nell'arco della puntata e che, stando a quel che ci viene raccontato, non dovrebbe avere ripercussioni sul resto della stagione. Si tratta di Carrie che, aggirandosi su 4Chan alla ricerca di piste per le sue indagini, si vede bloccare il computer da un criminale informatico, che ha la sventurata idea di provare a ricattarla. È un segmento che, oltre ad essere senza sbocchi, è molto costruito nel gettarci contro temi come la sicurezza informatica, la violazione della privacy, perfino i bitcoin che faranno capolino in questo piccolo bignamino dei temi caldi del momento.
Lo svolgimento offre poche, anzi nessuna sorpresa. Ed è, ancora una volta, un modo per ribadire il carattere di Carrie, il suo modo di ribaltare le situazioni, anche con una certa noncuranza verso se stessa. Forse meno intenso, ma più importante per la trama, è la decisione presa infine dalla Keane riguardo alla scarcerazione dei circa 200 “dissidenti”. Un'amnestia generale per lasciarsi alle spalle il grave momento vissuto. Per suggellare idealmente la decisione Saul viene addirittura nominato consigliere personale. Chiaramente una mossa per mettere a tacere tutte le possibili critiche all'operato della Keane, e che in qualche modo funziona, come vediamo molto chiaramente nella discussione a casa della sorella di Carrie.
A rimanere escluso dall'atto è tuttavia O'Keefe, che nelle ultime settimane con il suo comportamento ha perduto la possibilità di un salvacondotto. Lo ritroviamo, molto più fuoriposto di quanto riuscirà ad ammettere, in mezzo ad un gruppo di amanti delle armi, pesantemente critici con il governo attuale, dei facinorosi potremmo dire, almeno nel modo in cui si divertono a sparare sull'effige della presidente o arrivano addirittura a tatuarsi il volto del loro eroe. Sorprendentemente, intorno a O'Keefe, tutt'altro che un personaggio con cui è facile empatizzare, si sta costruendo un percorso, addirittura una tridimensionalità suggerita e sottile, che forse si manifesterà in qualcosa di più interessante. Di sicuro il provocatore indecente e schiavo degli ascolti sta lasciando il posto ad un altro tipo di personaggio.